Le lettere ritrovate (seconda parte)

Solo io so la pena…

Timbro Censura

La prima lettera che sotto si riporta testimonia lo stato d’animo di una madre, cui la guerra fascista ha strappato quattro figli, nel rispondere a uno di essi, combattente in Albania, del quale non sapeva più nulla da quasi due anni.

Durante la lunga attesa nella mente della donna il tempo è stato convertito in “spazio”. Non senza motivo si direbbe: uno spazio, per quanto vuoto, appare più famigliare, mutevole e aperto della dimensione temporale. Uno spazio vuoto può sempre, improvvisamente, animarsi e dietro un orizzonte c’è sempre un altro orizzonte. Questo rientra nella sua esperienza. Il tempo le appare invece chiuso, illeggibile e, in definitiva, valutabile solo come perdita e tempo passato.

La ragione le suggerisce che col passare dei mesi il ritorno del figlio dall’Albania si fa più improbabile e questo è inaccettabile per chi ha già perduto un figlio in guerra. Da poco si è, relativamente, tranquillizzata sulla sorte degli altri due suoi ragazzi. La percezione che ha della loro salvezza è ancorata allo spazio: uno è infatti prigioniero nella misteriosa “Iniglitterra” e l’altro nella più famigliare America, quegli Stati Uniti che oltre mezzo secolo d’emigrazione portano a considerare terre quasi paesane.

Soldati angloamericani in azione di rastrellamento

Soldati angloamericani in azione di rastrellamento
(http://memory.loc.gov/ammem/index.html)

Nel suo genere, questo campione di scrittura popolare è un piccolo capolavoro. Sembra scritto di getto, come se le parole usate fossero il riversamento su carta di un discorso già fatto dalla scrivente infinite volte fra sé e sé. C’è una sola cancellatura nel punto in cui precisa di aspettare il ritorno del figlio prima della sua risposta ed è un particolare che lascia capire l’importanza che la donna dà alle parole. Come se durante il patteggiamento con l’indefinita controparte (la sorte, Dio o chi per loro), si fosse accorta di aver avanzato una proposta per lei sfavorevole e volesse rettificarla.

Alcune delle espressioni che vi compaiono (“gli occhi miei hanno fatto le fontane” , “si è levato il pugnale dal cuore”) si direbbero ricalcate sulle liturgie della Passione. La distinzione fra il Se – il nucleo della personalità che permane nel corso dei cambiamenti dell’esistenza individuale – e il suo cuore indica che, per sopravvivere all’angoscia che il pensiero dei figli le produce, si è come dovuta sdoppiare. Tale scissione la porta a parlare di questo suo cuore come di qualcosa d’altro dal proprio essere

Un’ultima annotazione. La donna non protesta contro il silenzio che Dio – l’espressione “Silenzio di Dio” appartiene alla teologia – mostra per le sue sofferenze. Per lei Dio rimane il Signore e nel manifestare propositi di suicidio ( “ia me vate a dirupare”) denuncia semplicemente che non reggerebbe alla perdita di un altro figlio. Davanti al non senso e ai disastri della guerra è caduta in uno stato d’animo oscillante fra rassegnazione e propositi autodistruttivi. Quando sente che il conflitto sta per finire, la speranza fatica a vincere l’incredulità ed è solo l’esultanza dei bambini che saltano e battono le mani alla notizia del ritorno dello zio a dare una nota lieta a questo suo messaggio.

Sicilia, agosto 1943, soldato canadese e carabiniere

Sicilia, agosto 1943, soldato canadese e carabiniere
(http://memory.loc.gov/ammem/index.html)

Documento 1

Montescaglioso, 25-5-1945

Carissimo mio figlio,

dopo lo spazio di quasi due anni, o ricevuto una tua notizia non puoi immagginare la gioia che prova il mio cuore nel vedere un tuo scritto, vi dico il vero figlio mio, che ia

lettera ritrovata

non trovava pace al mio cuore ne passavano i giorni tristi per me, sempre un continuo a piangere penzanto al punto vi trovavi e nonera nemmeno sicuro se era in vita giusto di quando disastri si è potuto fare, e così diceva chi lo sa cosa a potuto ricapitare il mio povero figlio che nonò niente risposta, tu mi dici che miai scritto aldre due lettere, ma io nonò ricevuto niente, anche la posta e andata al contrario acciò gli occhi miei anno fatto le fontano dicento se il Signore e decise di darmi quest’aldro dispiacere, ia me vate a dirupare, acciò io le so la pena di tuo fratello quando miè dolorosa che non angora mi posso persuadere mi ristorava il penziere quando riceveva una tua lettera era amè un conforto, e da l’ore impoia che non mavete più scritto sono state sempre in malingonia, ma ora siè levato un po’ il pugnale dal cuore nel vedere un tuo scritto con le proprie tue mani, ma ne sarò più sicure quando vi vedrò fra le mie braccia, giusto come mi dici che la tua venuta sarà breve e così conto l’oro punto, e minuti, che arriverà quel lieto giorno di rivedervi e quando sarà quel lieto giorno che vi vedrò? ma spero quando primo acciò aspetto primo la risposta de la tua venuta

tua venuta io non velò saprò descrivere la gioia che adovuto provare il mio cuore nell’avere una tua notizia dicendomi che sta bene e così vi posso dire che ora passa per me qualche minuto contantezza al mio cuore che lunico mio penziere è sempre a te rivoldo, mà spero quando prima che verrai adarci questa grande conzolazio tando ame come anche alla tua moglia e puro ai cari ipotini che moldo desiderano vedervi che quando lanno sendite che vene dovete venire si sono messi a zumpare e battere le mani come anche aspettano che sene verrà il loro padre, credo che ora tutti vi dovete ritirare che la guerra è finita, e spero che sia vero di essere finita, acciò voleva una conzolazione di rivedervi a tutte tre in casa mia, giusto che anche ieri ricevette le cartoline dal tuo fratello Peppino, e dal tuo fratello Emmannue(le) e mi dicono che stanno bene e quande volte mianno scritta sembre a cercate le tue informazione se eravavi ricevute le tue notizie, edecco che oggi stessi lo scriverò a tutte2 dicendo che o ricevute vostre notizie al momendo non vi prolungo più vi saluta la tua moglia come anche la cognata Domenica, e vi baciono i vostri nipotini, vi salutano tutti i buoni amici, da mè ricevi i più forti saluti di vero cuore la tua affma madre

[…]

Vi dico che tuo fratello Peppino si trova pregioniere Iniglitterra e il tuo fratello Emmanuele si trova prigioniere Inamerica arrivederci a tutte 3 arrivederci presto

Prigionieri italiani, a sinistra, fraternizzano con gli angloamericani 
dopo la liberazione della Sicilia (8 agosto 1943)

Prigionieri italiani, a sinistra, fraternizzano con gli angloamericani
dopo la liberazione della Sicilia (8 agosto 1943)

(http://memory.loc.gov/ammem/index.html)

*Carissimo mio figlio,

dopo quasi due anni ho ricevuto una tua notizia. Non puoi immaginare la gioia che prova il mio cuore nel vedere un tuo scritto. Ti dico il vero figlio mio, che io non trovavo pace per il mio cuore e ne passavano di giorni tristi per me (!) (Era) sempre un continuo piangere pensando a dove (al luogo, alla situazione) ti trovavi e non ero nemmeno sicura che fossi ancora vivo considerando quanti disastri si sono potuti fare (in questa guerra). E così mi dicevo: «Chi sa cosa sarà potuto capitare al mio povero figlio visto che non ne ho nessuna risposta (?)». Tu dici che mi hai scritto altre due lettere, ma io non ho ricevuto niente, anche la posta (la corrispondenza, ma anche la struttura, l’organizzazione delle poste) è andata al contrario. Perciò gli occhi miei hanno fatto le fontano mentre mi dicevo: « Se il Signore ha deciso di darmi quest’altro dispiacere, io mi vado a dirupare». Perchè solo io so la pena per (ciò che è successo a) tuo fratello quanto mi è dolorosa e come ancora non posso persuadermi (dell’accaduto) e mi ristoravo il pensiero quando ricevevo una tua lettera, era per me un conforto. E da allora, fino a quando non mi hai scritto, sono stata sempre in malinconia, ma ora si è sollevato un po’ il pugnale dal cuore nel vedere un tuo scritto (fatto) con le proprie tue mani. Ma sarò più sicura quando vi vedrò fra le mie braccia, giusto come mi dici che la tua venuta sarà (avverrà a) breve e così conto le ore, quelle intere e i minuti, (aspettando) che arrivi quel lieto giorno di rivedervi. E quando sarà quel lieto giorno che vi vedrò? Ma spero quanto prima (!). Perciò aspetto prima la risposta de la tua venuta (cancellato nell’originale) tua venuta (della risposta). Io non ti saprò (mai) descrivere la gioia che ha dovuto provare il mio cuore nell’avere una tua notizia (lettera nella quale mi si) diceva che stai bene. E così ti posso dire che ora passa (anche) per me qualche minuto di contentezza per il mio cuore, che l’unico (costante) mio pensiero è sempre a te rivolto, ma spero quanto prima che verrai a darci questa grande consolazione tanto a me come anche a tua moglie e pure ai cari nipotini che molto desiderano vederti (e) che quando hanno sentito che stai per ritornare si sono messi a saltare e a battere le mani, come anche (allo stesso modo) aspettano che se ne torni loro padre. Credo che ora tutti dovete ritornare a casa poichè la guerra è finita, e spero che sia vero che sia finita. Perciò vorrei una consolazione: di rivedervi tutti e tre in casa mia, visto che anche ieri ho ricevuto cartoline da tuo fratello Peppino e da tuo fratello Emanue(le) e mi dicono che stanno bene e quante (tutte le) volte che mi hanno scritto sempre hanno chiesto tue notizie e se ne avevamo ricevute. Ed ecco che (sono arrivate), oggi stesso scriverò a tutti e due dicendo che ho ricevuto tue notizie. Per il momento non mi dilungo oltre, ti saluta tua moglie come anche la cognata Domenica, e vi baciano i nipotini, vi salutano tutti i buoni amici, da me ricevi i più forti saluti di vero cuore,

la tua aff.ma madre

[…]

Ti dico che tuo fratello Peppino si trova prigioniero in Inghilterra e tuo fratello Emmanuele si trova prigioniero in America, arrivederci a tutti e tre, arrivederci presto.

Autunno 1943, donne e bambini all’ingresso di case-grotte in Sicilia

Autunno 1943, donne e bambini all’ingresso di case-grotte in Sicilia
(http://memory.loc.gov/ammem/index.html)

La guerra di Luigi

La seconda lettera che si riporta ha come autore il soldato che compare nella fotografia sotto. L’immagine mi è stata fornita dalla moglie cui ho fatto arrivare una copia del documento e che mi ha raccontato con commozione gli antecedenti della storia militare del marito, ora defunto.

Marzo 1942, l’autore della lettera alla signora albanese

Marzo 1942, l’autore della lettera alla signora albanese

Li riporto brevemente: combattente in Montenegro, dopo l’8 settembre era stato fatto prigioniero dai tedeschi e internato in un campo di concentramento della ex Jugoslavia. Convinto che non ne sarebbe uscito vivo, quando gli fu offerta da un sacerdote la possibilità di evadere, decise di rischiare il tutto per tutto. Gli andò bene e, fornito di documenti falsi, riuscì a raggiungere Durazzo, in Albania. Con il nuovo nome di Luigi e con l’aiuto della vedova di un dirigente d’impresa che si prodigò anche a favore di vari altri soldati montesi sbandati, si diede qui a piccoli commerci. Grazie a qualche guadagno messo da parte, potè sfruttare al volo una seconda occasione favorevole: imbarcarsi clandestinamente e a caro prezzo per l’Italia.
Quando la nave giunse nei pressi del porto di Taranto, gli fu detto di buttarsi in acqua. Per fortuna sapeva nuotare e riuscì a raggiungere la riva. Aveva solo un paio di pantaloncini con dentro, ben nascosta, una moneta d’oro con la quale poi comprerà il suolo sul quale sorge adesso la casa adesso di famiglia.
In queste condizioni si avviò a piedi per Montescaglioso. Verso sera giunse a una masseria di un santermano residente a Monte che lo sfamò a pasta e fagioli e il giorno dopo lo accompagnò in paese.
Appena giunto si sparse la notizia del suo arrivo e i famigliari di quanti si trovavano in Albania corsero a chiedere notizie dei loro cari. Ad alcuni potè assicurare che sarebbero tornati fra qualche giorno. Fu incaricato allora di andare ad aspettarli e su un carretto carico di pane, formaggi, salsicce e vino tornò a Taranto per offrire un primo ristoro ai fantasmi che si avvicinavano alla riva su un zatterone e increduli lo videro in attesa sul molo.

Questa lettera non ha il pathos della precedente e in alcuni punti sembra quasi un listino prezzi dei prodotti a mercato nero.

Luigi ha vissuto momenti difficili, ma non ne ha riportato danni e conserva una personalità integra. E’ una persona fattiva e determinata e il suo motto, rafforzato dall’esperienza, sembra essere “Aiutati che Dio ti aiuta”. Nei mesi passati doveva aver fatto progetti con la signora albanese che, forse, era l’unica a sapere che alla prima occasione favorevole sarebbe tornato in Italia.

La situazione di Monte e dell’Italia di quei giorni è compendiata nell’immagine di un paradiso per i ricchi e di una situazione alimentare da “campo di concentramento” per tutti gli altri. La nostalgia per l’Albania e le relazioni che lì ha stabilito è forte e Luigi sembra combattuto fra il desiderio di tornare e quello di godersi la famiglia e il suo mondo ritrovati. Probabilmente si era parlato anche di un trasferimento della signora da noi, ma il destino delle Calipso, cioè delle nasconditrici, è quello di essere abbandonate.

Documento 2

Montescaglioso 17-6-1945

Gentilissima signora

squsatemi se vio tardato a scrivervi perché mianno tenuto al Condumaggiole 10 giorni. Dunque oraggiunto casa sono appena 2 giorni vidico che a casa sia trovato a tutti bene come pure io me la passa molda bene, cosa spera sendire di voi senbre di bene.

lettera ritrovata

Dunque Gentilissima signora come noi parlavammo che Io vi farò sapere le contizzioni di qui, sendite Io spropositi non vela mandi a dirvi, qui la vita e 150 volta più cara del labania come viveri sene trovano, si ma cari mercato nero il pane £ 100, carne 175, 200, l’olio non sisa il prezzo perché sene trova ma poco, faggioli non sene trovano, patate a £ 60, insomma la vita e 150 volta in più dell’Albania.

Poi come indumenti vestiarrii non esistano i prezzi e neanche sene trovano. Io per vestirmi quando sono arrivato a casa Mamma a messo fuori per un vestito diestate e un paio di scrape, e una maglieta, e calzze, e cedre, à spesa £ 80 biglietti da mille che alla mia venuta in Albania velà farò vedere che non valgono a niende e robba vestiarrie non sene trovano e quel po’ che si trova non valgono.

Poi Io vidico state dove siete perché Initalia stanno bene solo quelli che cianno i miglioni che del resto glialtri vivono come noi quando sistava al campo di concenramento.

Poi mi sono in formato delle macchine per cucire non senetrovano e qualcuna che sta di seconda mana si paga a peso di oro a usata mia cuggina che a preso marito la macchina singer a pagato 275 Biglietti da mille, duqua regolati un po’ come sista quì, poi filo non senetrova e sessenetrova un po un rocchetto si paga 600, 800, e poi non e buono.

Duque Gentilissima Signora Io me neson pendito, che venne via dal Albania e ora sono deciso al più presto possibbile che venirmi in Albania sendite Io non sono sicuro di potermi impancare a contra banna ma faro in bossilebi e vedrò di farvi una provisata.

Poi vipreco di rispondermi e di farmi sapere se sarà possibbi le di poter a prire qualche caffe, sì, o, no e voi mi fate sapere le condizzioni e il commercio che cè. Io di qui non posso portare niende di qualsiasi cosa. Voi viprego di informarvi se voi mi potete fare una richiesta per venire in Albania, come nipote (?) fammi linbossilebile di farmi tornare che io a contrabando siono che potrò venire.

Basta non o aldro che dirvi ricevete saluti dalla mia famiglia che Io l’ò raccondata il bene che miavete fatto e mamma e molda condenda e in fine ricevi saluti dal vostro amicho

[…] (mi salutate a Pietro)

Vi prego di farmi la richiesta che qui mi veda male senza de voi. Baci baci

Gentilissima Signora,

scusatemi se ho tardato a scrivervi, (è stato) perché mi hanno tenuto al Condumaggiole1 per dieci giorni. Dunque ho raggiunto casa da appena due giorni. Vi dico che a casa mia ho trovato tutti bene, pure io me la passo molto bene e così spero di sentire sempre di voi.

Dunque Gentilissima Signora, riguardo a come noi parlavamo che io vi avrei fatto sapere le condizioni di qui, sentite: io bugie non ve ne dico, ma qui la vita è 150 volte più cara che in Albania. Viveri se ne trovano sì, ma cari, a mercato nero: il pane (costa) £ 100 (al chilo), la carne 175-200, per l’olio non c’è prezzo perché se ne trova, ma poco, fagioli non se ne trovano, le patate si vendono a £ 60. Insomma la vita è 150 volta più cara che in Albania.

Inoltre per il vestiario non esistono prezzi e neanche se ne trova. Per vestirmi, quando sono arrivato a casa, Mamma ha tirato fuori per un vestito estivo, un paio di scarpe, una maglietta, calze, eccetera, £ 80 biglietti da mille. Alla mia venuta in Albania ve li farò vedere che non valgono nulla. Vestiario non se ne trova e quel po’ che si trova non vale nulla.

Per questo vi dico: restate dove siete perché in Italia stanno bene solo quelli che hanno i milioni perchè quanto agli altri vivono come noi quando si stava al campo di concentramento.

Poi mi sono informato delle macchine per cucire. Non se ne trovano e qualcuna che si trova di seconda mano, si paga a peso di oro. Mia cugina che si è sposata, una macchina Singer usata l’ha pagata 275 biglietti da mille. Quindi regolati un po’ tu su come si sta qui. Filo (da cucito) non si trova e se se ne trova un po’- un rocchetto si paga 600-800 lire e non è neanche buono.

Dunque Gentilissima Signora, io sono pentito di essere venuto via dall’Albania e ora sono deciso a ritornarci al più presto possibile. Sentite: non sono sicuro di potermi imbarcare di contrabbando, ma faro l’impossibile e vedrò di farvi un’improvvisata.

Vi prego di rispondermi e di farmi sapere se sarà possibile aprire là qualche caffe, sì o no, e fatemi conoscere le condizioni generali e commerciali del momento. Io di qui non posso portare niente di niente. Vi prego di informarvi se potete fare una richiesta per farmi venire in Albania come nipote. Fai l’impossibile per farmi tornare perchè da clandestino non so se riuscirò a venire.

Basta, non ho altro da dirvi. Ricevete i saluti della mia famiglia poichè io ho raccontato il bene che mi avete fatto e mamma è molto contenta (di voi ). Infine ricevi i saluti dal tuo amico…

[…] (mi salutate Pietro)

Vi prego di farmi la richiesta (per tornare) perchè qui mi vedo male senza di voi. Baci baci.


1 Si tratta probabilmente del nome di una località presso Taranto dove i soldati rientrati in Italia erano tenuti in quarantena.


Nota 1: le parti fra parentesi e in corsivo si riferiscono alle integrazioni-traduzioni utili a rendere il testo più scorrevole e comprensibile.

Nota 2: il prossimo articolo uscirà a fine ottobre e si intitolerà “Briganti di paese e briganti di campagna”


Commenti da Facebook

8 Commenti

  1. Làeda

    maaamma che beeello!!! mi è piaciuta molto l’introduzione, o meglio, l’interpretazione psicologica fatta all’inizio: complimenti alla persona che l’ha curata. è davvero emozionante leggere quelle parole semplici e allo stesso tempo cariche di spirito: certo, chissà cosa si provava prima ad avere affetti lontanissimi e poter mantenere i contatti solo via carta, quando i servizi postali ancora non erano granché, e bisognava aspettare a volte anche mesi per una risposta… Per non parlare di quando, come in questo caso, c’era di mezzo il fronte, nonché il pericolo e il rischio di non sentirsi più… mia nonna mi racconta sempre della storia della sua mamma che aveva i fratelli(morti tutti in guerra) sparsi per il mondo, e di quanto soffriva nel momento in cui i contatti s’interrompevano bruscamente… sarebbe bello poter ascoltare altri racconti di questo genere…farebbe bene un po’ a tutti, ora che si vive di ansia per fesserie scritte tramite sms la cui risposta tarda di QUALCHE MINUTO ad arrivare…

  2. azzurra

    Anche per me è stato emozionante leggere “quelle parole semplici e allo stesso tempo cariche di spirito” come dice Làeda.Bravo, Cristoforo!!!
    E’ stato, però, ancora più emozionante leggere le lettere, la prima soprattutto…è “bellissima”, mi ha commossa e mi ha riportato indietro di qualche anno( si fa per dire) quando, bambina, sedevo accanto al braciere e pendevo dalle labbra di mia nonna, che, con gli occhi pieni di lacrime(gli occhi hanno fatto le fontane)e di rassegnazione, mi parlava dell’assurdità, dell’inutilità, degli orrori della guerra e di un giovane, suo figlio,che dalla guerra non era più tornato…
    grazie!

  3. eleonora
    la storia siamo noi…
    leggendo quest’articolo, mi è sembrato di rivivere quanto già vissuto, sebbene indirettamante.
    mio nonno, purtroppo, ha vissuto la guerra e, molto spesso, mi ha raccontato delle esperienze fatte con le lacrime agli occhi, consapevole del fatto che noi, nonostante tutta la buona volontà, non saremmo mai riusciti a capire il vero significato della parola “GUERRA”…

    1. Làeda

      Non solo, eleonora, non riusciamo a capire il vero significato della PAROLA guerra, bensì non saremo mai in grado, in un’eventuale guerra, di sopravvivere, visti i nostri vizi, i nostri agi… purtroppo è vero: nel cambio di generazione non abbiamo portato con noi il senso della sopravvivenza, il gusto del saper vivere accontentandosi di pochissimo. è davvero triste. Certo, non è neppure del tutto colpa nostra, ma intanto il problema c’è: oggi si vive troppo bene. Io non nascondo che mi sarebbe piaciuto un sacco vivere l’infanzia dei miei nonni, infatti cerco sempre di farmi raccontare il maggior numero di cose possibili perché, se un domani avrò dei figli, racconterò loro(magari come favola prima di andare a dormire) com’era la vita qualche generazione indietro. Forse dovremmo soffermarci un po’ più su queste cose, ragazzi… (perdonatemi i moralismi)

  4. maurucc

    Veramente interessante e piacevole ripercorrere il passato montese attraverso questi scritti originali.
    Anche io conservo con cura alcune lettere di miei parenti lontani che emigrarono in America. Il periodo è di poco successivo, il contesto diverso, ma la situazione di difficoltà e sacrificio identica.
    Mi diverto tantissimo a decifrare alcuni discorsi a volte incomprensibili.
    Ma, come già accennato da altri in post precedenti, queste lettere mettono nella condizione di giudicarci fortunati per l’epoca in cui stiamo vivendo. Quando oggi ci lamentiamo della poca occupazione, dei sacrifici che bisogna fare per trovare un lavoro magari lontano dagli affetti, esageriamo vero? …Beh personalmente me ne rendo conto..ma fortunatamente i tempi cambiano, i sacrifici anche, ma non mi dite che si possa fare un minimo di paragone!

    Ho notato che la grafia delle mie lettere è identica a queste da te riportate. Sicuramente “l’acculturato” era unico e scriveva per tutta la popolazione.
    Mi piacerebbe leggere altre lettere, se ne possiedi ancora
    sarebbe gradita, e credo non solo da parte mia , un’altra trasposizione.
    grazie ciao.

  5. Cristoforo Magistro

    Per un banale errore, la seconda parte dell’articolo “Le lettere ritrovate” compariva fino a ieri in forma incompleta. Adesso è a posto.
    Ringrazio per l’interesse che sembra aver avuto e mi auguro che la divulgazione di materiali di questo tipo ne favoriscano la conservazione.

    1. anycamy

      …PIANTO!
      un pianto di emozione,dolore e gioia!
      forse non mi crederai caro Cristoforo ma ho pianto molto.
      Ho pensato, mentre leggevo ad alta voce la seconda lettera:
      -Quanto amore in quella “Gentilissima signora”
      -quanta rabbia nella frase “Alla mia venuta in Albania ve li farò vedere che non valgono nulla”
      -quanta premura nel consigliare di non lasiare l’albania
      -quanto speranza “..se sarà possibile aprire là qualche caffe” e
      -quanto orgoglio :nol non riuscire ad essere CLANDESTINO.
      -Quanta riconoscenza nella “gentilissima signora”
      poesia solo poesia nellanimo di un semplice soldato.
      Ma il sole è semplice, la luna è semplice, la notte è semmplice.
      ho pianto!
      GRAZIE CRISTOFORO

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