Abbazie Basilicata

Abbazie, monasteri e comunità monastiche in Basilicata. 

La storia e la identità della Basilicata sono state fortemente caratterizzate, soprattutto nel Medioevo dalla presenza monastica di tradizione italogreca e benedettina che ha raggiunto una diffusione capillare, ancora oggi testimoniata da edifici in ogni angolo della regione. I primi insediamenti documentati sono benedettini e legati alle grandi comunità monastiche longobarde dell’area campana-beneventana che sono i veicoli di diffusione del monachesimo latino nei territori lucani. A partire dal secolo VIII le abbazie di S. Sofia di Benevento, Montecassino, S. Vincenzo al Volturno (presso Venafro), S. Benedetto di Salerno, posseggono chiese e celle monastiche a Matera, Monticchio, Banzi, Acerenza e Montescaglioso. Le prime comunità benedettine autonome antecedenti al secolo XI sono la SS. Trinità di Venosa, S. Ippolito poi S. Michele a Monticchio, S. Maria a Banzi e S. Stefano a Marsico Nuovo. Il monachesimo di tradizione italogreca si radica a partire dalla metà del secolo X nell’alto Bradano, intorno a Venosa, Tricarico e Matera ma soprattutto nelle valli del Mercure, del Sinni e dell’Agri dove si insediano piccole comunità di monaci di tradizione bizantina che, sotto la pressione dell’espansionismo mussulmano, abbandonano la Sicilia e la Calabria e risalgono la penisola alla ricerca di territori più sicuri. I più noti monasteri italogreci della Basilicata, attestati nella seconda metà del sec. X sono ad Armento, Monte Raparo, Missanello e Cersosimo. 

La conquista normanna, nel secolo XI, favorisce lo sviluppo soprattutto delle comunità benedettine procurando nuovo impulsi a quelle già esistenti e determinando la nascita di nuove comunità. Nello stesso tempo i Normanni, sulla base della necessità di mantenere un rapporto non conflittuale con le popolazioni locali,  sostengono anche le comunità monastiche italogreche rappresentative delle componenti etniche di origine bizatina, presenti soprattutto nelle aree sudoccidentali della Basilicata. La fase di massimo sviluppo della presenza benedettina nella regione e la contemporaea riorganizzazione delle comunità italogreche secondo un modello cenobitico, sono strettamente legate alla conquista normanna e all’affermarsi dei grandi ideali di riforma propugnati dai Pontefici romani che in più occasioni visitano alcuni monasteri lucani. Le comunità monastiche, presenti nei principali centri abitati della Basilicata, partecipano alla lunga fase di ripresa economica che caratterizza la regione tra i secoli XI e XII. Intorno ai monasteri cresce una economia ricca di surplus che permette collocare altrove le produzioni realizzate mentre vaste aree boscate, impaludate o usate come pascolo, sono messe a coltura dai monaci. Si assiste ad un singificativo ripopolamento delle campagne favorito dalla presenza di centri produttivi rurali, le grancie o le masserie legate ai grandi monasteri, e ad una generale ripresa demografica dei centri abitati. I monasteri sono anche centri di produzione artistica e culturale. All’erezione delle grandi chiese abbaziali e ai decori dei chiostri, lavorano i più importanti artisti presenti nella regione. Le abbazie benedettine di Venosa, Banzi, Monticchio, Matera e Montescaglioso e quelle greche di Monte Raparo e Carbone, sono anche molto note per la produzione dei propri  ” scriptoria “. Le comunità monastiche lucane esprimono una grande spritualità testimoniata dalle figure di monaci che hanno vissuto nella regione. S. Luca fondatore di alcuni monasteri italogreci ad Armento. San Vitale da Castronuovo, fondatore del monastero greco di S. Angelo al Monte Raparo. S. Saba che vive in alcuni eremitaggi della valle dell’Agri. Tra Matera e Tricarico vive pr alcuni anni S. Giovanni da Matera, fondatore dell’ordine di S. Maria di Pulsano che riuscirà a sintetizzare in un’unica consuetudine, elementi delle tradizioi monastiche latine ed orientali. S. Guglielmo da Vercelli, fondatore dell’Ordine di Montevergine, condividerà parte della prorpia esperienza spirituale con S. Giovanni da Matera, nella solitudine delle montagne di Gallipoli-Cognato. Il Beato Giovanni da Monte Caramola, di origini francesi, vivrà nel XIV secolo, tutta la propria esperienza spirituale tra i boschi del Pollino, nell’abbazia cistercense di S. Maria del Sagittario. 

Intorno ai monasteri medievali si sviluppano culti profondamente radicati nella religiosità popolare. I monasteri benedettini di Monticchio e Montescaglioso e quello italogreco del Raparo, costituiscono i maggiori centri lucani dedicati al culto dell’Arcangelo Michele. Il culto mariano si irradia dalle abbazie benedettine di Banzi, Pisticci, Picciano e del Sagittario, sedi di celebri santuari dedicati alla Vergine Maria. Nell’abbazia di S. Stefano a Marsico Nuovo si venerano le reliquie di S. Gianuario. La grande abbazia italogreca di S. Elia a Carbone diviene uno dei pricipali centri di cultura e spiritualità bizatine del Meridione tanto che a metà del secolo XII, Ruggero II sottomette all’autorità dell’eugumeno di Carbone tutte le comunità italogreche del Regno, con l’esclusione della Sicilia.

Agli inizi del secolo XII, è datata la prima attestazione della presenza di un ordine monastico-cavalleresco in Basilicata. Nel 1110 la domus di Barletta degli ospedalieri di S. Govanni di Gerusalemme, acquisisce vasti terreni tra Montescaglioso e Metaponto, concessi in permuta dai Benedettini di S. Michele Arcangelo. Al 1146 risale la fondazione della prima domus gerosolomitana in Basilicata, la precettoria dei Santi Steano e Giovanni di Melfi. In pochi decenni la Basilicata e soprattutto la Puglia, diventano le retrovie dell presenza cristiana in Terrasanta. Le Crociate, il flusso di pellegrini verso Luoghi Santi e i Regni Cristiani d’Oriente hanno bisogno di essere sostenuti militarmente ed economicamente. I porti pugliesi e siciliani diventano basi di collegamento con la Terrasanta e nei territori del Meridione si insediano strutture produttive le cui rendite e produzioni servono a consolidare la presenza degli Ordini cavallereschi schierati a difesa di Gerusalemme, dei Luoghi Santi e delle vie di accesso veso Oriente. In Terrasanta nascono e si sviluppano con le Crociate, ordini disciplinati da consuetudini di origine benedettine ma caratterizzate da finalità indirizzate verso l’assistenza dei pellegrini e dei malati, la difesa militare dei Luoghi Santi e degli stessi pellegrini. Le compagini cavalleresche accumulano in tutta l’Europa cristiana un ingente patrimonio utilizzato a sostegno delle proprie finalità ed anche in Basilicata, nei territori più fertili e produttivi si insediano numerose grancie appartenenti a vari ordini cavallereschi. Gli Ospedaleri di S. Giovanni, successivamente noti con il titolo di Cavaleri di Malta posseggono domus a Melfi, Matera, Venosa e Grassano. I Templari sono presenti nel melfitano, a Matera ed a Forenza. I Cavalieri Teutonici, sostenuti da Federico II di Svevia, hanno domus a S. Fele, Melfi e Matera. L’Ordine di S. Lazzaro, attivo soprattutto nell’assistenza a lebbrosi e malati, possiede precettorie a Matera e Venosa. All’ Arcivescovo di Nazareth, sono assegnate chiese e grancie nel potentino ed i Benedettini di S. Maria di Valle Josaphat di Gerusalemme, posseggono una grancia a Policoro.    

A partire dal XII secolo, all’interno della grande compagine benedettina si manifestano movimenti di riforma che predicano il ritorno ai dettami della Regola ed una maggiore distanza  dai beni materiali. Anche in Basilicata si insediano comunità monastiche che aderiscoo ai movimenti benedettini riformati. Presso Chiaromonte, nella valle del Sinni, a S. Maria del Sagittario, ai Benedettini subentrano i Cistercesi. A Calvello pesso il monastero di S. Pietro di Uccellaria, si insedia una comunità appartenente all’Ordine di Monte Pulsano, fondato da S. Giovanni da Matera. Nella Diocesi di Tricarico, a Forenza e a S. Fele sorgono chiese dipendenti dall’Ordine di Montevergine, fondato da S. Gugliemo da Vercelli. Il monachesimo medievale, così come si era sviluppato tra i secoli XI e XIII, conosce una nuova fase caratterizzata dal ridimensionamento del ruolo e del numero delle comunità benedettine ed italogreche e dall’affermarsi di nuove compagini monastiche, Francescani, Domenicani ed Agostiniani, che vivono dettami di maggiore sobrietà se non proprio di assoluta povertà, risultano legati al mondo dei piccoli produttori insediati negli agglomerati urbani e sono portatori di una spiritualità più vicina agli strati più popolari della società.

I cosiddetti Ordini Mendicanti e Predicatori, trovano in Basilicata un terreno fertile al proprio operato. I primi e più grandi monasteri francescani sorgono intorno alla metà del secolo XIII a Potenza, Matera, Venosa e Melfi. Alla metà del secolo XV, buona parte degli abitati lucani ospitano una comunità dei frati di S. Francesco, che suddivisi in più ordini, Conventuali, Riformati ed infine Cappuccini, conoscono in Basilicata uno straordinario sviluppo. Più rarefatta, invece, risulta la presenza dei Domenicani e degli Agostiniani, i cui insediamenti,  a partire dalla seconda metà del secolo XIII sono limitati soltato ai centri abitati maggiori. Questi ordini veicolano verso le comunità locali culti ancora oggi molto popolari come S. Rocco, S. Antonio da Padova, la Madonna di Loreto e la pratica del SS. Rosario.

Nel secolo XV gran parte delle comunità monastiche benedettine ed italogreche, conoscono l’accentuarsi di una decadenza ampliata dall’affermarsi in molti monasteri dell’amministrazione in commenda cioè affidata ad abati estranei alla comunità e nominati dalla S. Sede con la finalità di procurare rendite alle maggiori personalità impegnate nel governo della Chiesa e delle principali sedi vescovili. I Commendatari incassano le rendite ma dedicano poca attenzione e risorse al mantenimento degli edifici e delle stesse comunità. In molti monasteri, come a Banzi, Calvello e Monticchio. i Benedettini sono sostituiti da Agostiniani o Francescani ed il regime commendatario si perpetua fino al secolo XVIII. In altri, Montescaglioso e Sagittario di Chiaromonte, le comunità saranno riformate e, abolita la commenda, torneranno a nuova vita.     

Dal secolo XVI la presenza benedettina in Basilicata è ridotta a poche comunità maschili ed ad un numero ben più numeroso di monasteri femminili appartenenti ai vari ordini che adottano la regola di S. Benedetto. La presenza italogreca è invece limitata al solo monastero di S. Elia di Carbone che tra numerose difficoltà riesce a sopravvivere fino agli inizi dell’ottocento. I Francescani, invece, in tutte le loro componenti, conoscono un impetuoso sviluppo tanto che nelle principali città della regione risulteranno presenti anche più comunità di orgine francescana. 

Con il secolo XVIII e la fine dei regimi e delle giurisdizioni feudali provocati dalla Rivoluzione Francese ed esportata in tutta l’Europa dalle truppe napoleoniche, anche nel Meridione, agli inizi del secolo XIX, lo Stato legifera per la soppressione delle comunità monastiche. In tutta la Basilicata, centinaia di comunità monastiche e soprattutto le più grandi e ricche, cioè quelle benedettine, in pochi anni saranno soppresse ed il patrimonio, compreso gli edifici monastici, assegnato al demanio. I feudi rurali saranno quotizzati e venduti a privati o assegnati ai Comuni per distribuire i piccoli appezzamenti ai contadini. Molti dei monasteri non riaperti, diventano sedi di carceri, caserme, uffici comunali e ospedali, mentre quelli situati in aree rurali sono venduti a privati come masserie o trasformati, è il caso del Sagittario di Chiaromonte e della Certosa di Francavilla, in cave di pietrame e materiali da costruzione. Il processo di smantellamento delle comunità religiose riceverà nuovo impulso dalle altre soppressoni seguite all’Unità d’Italia cosicchè, sul finire dell’ottocento, della capillare rete di abbazie, conventi e grancie monastiche presente in Basilicata, resterà ben poco. Francesco Caputo.  

                           


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