RICORDI- la mia ultima befana

Ha ricominciato a nevicare, i fiocchi cadono lenti dietro la finestra e io li fisso nel loro discendere e adagiarsi dolcemente sui rami degli alberi di platano ormai senza più foglie che formano il viale di casa mia in questa cittadina della pianura padana.

Accostato al termosifone cerco di prendere un po di tepore mentre la mente mi porta a ricordi lontani quando allor dodicenne mezzo assonnato dal calore e dal fumo che usciva dal caminetto di casa mia me ne stavo ad ascoltare le favole di briganti che mio padre mi raccontava per tenermi comapagnia o forse per farsi compagnia.

Era il 5 gennaio del 1969 vigilia dell’epifania e già con lo sguardo cercavo di individuare il punto esatto di quel caminetto dove, come facevo tutti gli anni, avrei appeso la calza di trama che la befana di li a qualche ora avrebbe riempito di caramelle.

Tra le mani stringevo una piccola statuetta di S. Antonio che aveva in braccio il bambino e in una mano dei fiori forse di gilio che forse per la sonnolenza o per distrazione scivolatami di mano e cadendo per terra si ruppe proprio nel punto dove la mano di S.Antonio stringeva quei fiori.

Al momento non ci diedi importanza, ero si dispiaciuto, ma niente di più.

Fu nel tardi pomeriggio, verso le cinque o le sei che cominciai a vedere un via vai di gente che frettolosamente saliva e scendeva le scale della casa di mia nonna Margherita che abitava a pochissimi passi da casa mia.

Non capivo cosa stesse succedendo, mia madre mi aveva raccomandato di non uscire di casa perchè col buio serebbero usciti i cucibocca e guai a farsi trovare per strada, ma la curiosità per quel via vai era cosi forte che eluse le raccomandazioni di mia madre mi precipitai su per le scale e entrato di corsa nell’unica stanza mi ritrovai davanti a tantissima gente  con il rosario in mano e sul letto di tristelli di ferro giaceva sotto un velo bianco il corpo immobile di mia nonna con i piedi legati da un nastro bianco a tenerli uniti.

Saranno trascorsi pochissimi secondi ed ero già fuori a correre per le stradine del vallone, correvo e singhiozzavo, singhiozzavo e tra me mi ripetevo che non poteva essere vero, non poteva morire mia nonna proprio nel giorno in cui mi aspettavo dei doni.

Tornai a casa e rannicchiato davanti al camino con le lacrime agli occhi mi ritrovai tra le mani quella statuetta con i fiori spezzati.

Fu allora che cominciai a pensare che tra la statuetta rotta e la morte di mia nonna doveva esserci una relazione, la statuetta si era spezzata e mia nonna era morta.

Non so perchè ma la fantasia di un bambino non ha limiti, cominciai a convincermi che se fossi riuscito ad aggiustare quella statuetta forse non tutto sarebbe stato perduto, mia nonna avrebbe anche potuto risvegliarsi da quel sonno in cui era caduta.

Feci la strada di corsa e piombai nella piccola bottega di Graziantonio il calzolaio chiedendogli per favore di darmi un pochino di colla e sempre di corsa tornai a casa a trafficare con quella statuetta che in qualche modo riuscii a rimettere insieme i cocci.

Era fatta, bisognava solo aspettare e sperare. Sperare e pregare e non so quanto ho sperato ne quanto ho pregato, so solo che nulla più aveva importanza, neanche quella calza che avevo preparato da appendere e che non ho mai più appeso.

Stremato mi sono addormentato e al mattino seguente in quel camino altro non c’era che l’odore acre di fumo di un pezzo di legna che aveva arso per tutta la notte.

Mi chiamò una mia zia che abitava li vicino e portatomi a casa sua mi diede una calza con dentro qualche caramella e qualche cioccolatino cercando di convincermi che quella notte la befana si era fermata da lei e li aveva lasciato anche i miei doni.

Ma ero troppo deluso, buttai la calza per strada e me ne tornai vicino al camino, e li scoppiai in un pianto a dirotto senza più la statuetta, senza la calza, senza più una befana ma sopratutto senza più una nonna.

A quarant’uno anni di distanza questo ricordo lo dedico a mia nonna che non ho mai dimenticato.


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