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Il potere

Tanto la povertà quanto la ricchezza sono forme di schiavitù. L’uomo consapevolmente povero e l’uomo consapevolmente ricco non sono che giocattoli delle circostanze. Entrambi sono corruttibili, perché entrambi cercano ciò che corrompe: il potere. Il potere è più grande dei beni terreni, è più grande della ricchezza e delle idee. Ricchezza e idee danno il potere; ma anche mettendole da parte, il senso del potere rimane. Si può generare il potere mediante la semplicità di vita, mediante la virtù, o il partito, o la rinuncia; ma tutti questi mezzi non sono che mera sostituzione e non devono ingannare chicchessia. Il desiderio di posizioni, prestigio, potere  quel potere che si raggiunge con l’aggressione e l’umiltà, con l’ascetismo e il sapere, con lo sfruttamento e l’abnegazione  è sottilmente persuasivo e quasi istintivo. Il successo di qualsiasi specie è potere, e il fallimento non è che la negazione del successo. Essere potenti, avere successo significa essere schiavi, che è la negazione della virtù. La virtù dà libertà, ma non è cosa che si possa ottenere. Ogni conquista, sia individuale sia collettiva, diviene un mezzo per raggiungere il potere. Si devono evitare il successo nella vita e il potere che il dominio di sé e l’abnegazione comportano; perché entrambi deformano la comprensione. E il desiderio del successo che impedisce l’umiltà; e senza umiltà come può esservi comprensione? L’uomo di successo è indurito, chiuso in sé; è appesantito dalla sua importanza, dalle sue responsabilità, dalle sue conquiste e dai suoi ricordi. Ci deve essere libertà dalle responsabilità che ci si assume e dal fardello del successo; perché ciò che viene pesato non può essere rapido e per comprendere occorre una mente rapida e duttile. La misericordia è negata a coloro che hanno successo, perché incapaci di conoscere la stessa bellezza della vita che è amore.

Il desiderio del successo è desiderio di dominio. Dominare è possedere, e il possesso è il modo dell’isolamento. Questo autoisolamento è ciò che la maggior parte di noi cerca, attraverso il nome, i rapporti, attraverso il lavoro, l’ideazione. Nell’isolamento c’è potere, ma il potere genera antagonismo e dolore; perché l’isolamento è il risultato della paura, e la paura pone fine a ogni comunione. La comunione è rapporto; e per gradevoli o penosi che siano, c’è nei rapporti la possibilità di dimenticare noi stessi. L’isolamento è il modo dell’io, e ogni attività dell’io porta conflitto e dolore.

 

 

Jiddu Krishnamurti 

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