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Riscatto e morte di Gasparino il pentito di Cristoforo Magistro

In altri tempi la conoscenza di vicende come queste era diffusa dai cantastorie che battevano le piazze dei paesi con cartelloni nei quali ne illustravano i vari snodi, oppure, poco diffusi nel Mezzogiorno, da venditori di stampe e libretti. Oggi questo compito è affidato a internet che si rivolge all’universo mondo, vale a dire a tutti e a nessuno. Chi decideva di andare in piazza a sentire il cantastorie o, addirittura, tirava fuori qualche centesimo dal taschino per comprare il foglio volante o il libretto che decantava le gesta del famoso bandito faceva infatti una scelta e quindi, si presume, lo guardava e riguardava, lo leggeva o se lo faceva leggere.

Altri tempi, altre ere geologiche quasi. Oltre tutto, la scarsità delle informazioni circolanti rendeva  prezioso qualunque prodotto.

Ciò detto, mi sarebbe piaciuto malgrado tutto che la storia del brigante Gasparino Motta fosse stata fatta circolare alla vecchia maniera fra la folla che in questi giorni ha riempito le strade di Monte. Se non altro per vedere come avrebbe reagito la gente.

Nato a Montescaglioso nel 1844, Gasparino Motta riceve la prima imputazione per omicidio ad appena 18 anni. Aggregatosi, in epoca imprecisata, alla banda del compaesano Rocco Chirichigno, detto Coppolone, che batteva le campagne fin dal febbraio 1861, lo segue fino a quando, entrato in dissidio con altri briganti, non uccide Domenico Blatti, anche lui montese. Lo racconterà lui stesso a un parente di questi dopo essersi, ai primi di febbraio del 1865, costituito al generale Pallavicini.[1]

Intenzionato a ripulire il Materano dalle ultime bande che ancora lo infestano, il generale, che aveva già sperimentato con Giuseppe Caruso l’utilità dei pentiti, decide di usare Gasparino come guida nella caccia agli ex compagni – prima di tutto il capobanda Chirichigno- insieme all’ex capocomitiva Caporal Teodoro di Atella.

A tale scopo i due sono trasferiti a Montescaglioso, dove si è insediato il colonnello degli ussari Peyssard. L’operazione scatta il 25 febbraio e Gasparino conduce la truppa in una masseria in agro di Ginosa, ma la battuta si rivela infruttuosa e l’ufficiale crede di averne capito il motivo.

Lo comunica al generalissimo dal quale tre giorni dopo riceve il seguente ordine:  «Tradurre il Motta al mio quartier generale in Melfi, facendolo scortare da pochi bersaglieri. Facilmente egli tenterà la fuga; buona occasione per ucciderlo».[2]

Ed effettivamente la profezia sembra avverarsi: il ventiduenne Gasparino «venne ucciso mentre avendo tradito la truppa cercava fuggire».[3] Saranno andate veramente così le cose? Quello che è cero è che non perdono tempo a seppellirlo e ciò che ne resta sarà  ritrovato il primo marzo nei pressi di Gravina.[4]

Senza nulla togliere all’infamia di aver programmato a freddo l’uccisione del giovane capraio, ciò che l’alto ufficiale scrive qualche giorno dopo, spiega senza reticenze il motivo di quell’esecuzione. La causa era da ricercare in ciò che era successo cinque giorni prima durante la battuta di perlustrazione avviata dagli ussari nella marina di Ginosa. Precisamente nei pressi del lago Danici, oggi scomparso, dove si trova la masseria Perrone, con l’obiettivo principale di stanare Rocco Chirichigno. La guida era Gasparino che ben conosceva i nascondigli della banda di cui aveva fatto parte fino a una ventina di giorni prima. Arrivati sul posto, racconta però il delegato di polizia di Ginosa, «si permise ingenuamente al brigante Motta che avesse preceduto la Truppa di pochi passi tanto da darvi il tempo che nel suo dialetto avesse potuto domandare ad un garzoncello se i briganti erano colà e avutane risposta affermativa, senza dare scandalo, condusse la truppa su di un covo a un kilometro dalla masseria, in un terreno sementabile, sul quale era nato dell’orzo e avevasi accesso al covo da un piccolo foro».[5]

Là naturalmente non trovano nessuno e Peyssard sospetta l’inganno, arresta tre coloni della masseria e minaccia Motta. Pallavicini invece non si perderà in sospetti. Per lui Gasparino li ha traditi. Forse anche perché da Montescaglioso, in seguito alla presentazione avvenuta il giorno prima del brigante Nobile, gli è arrivata anche qualche informazione in tal senso.

 

Sappiamo da altra fonte che i viaggi senza ritorno come questo che mascheravano le esecuzioni sommarie erano piuttosto usuali. Li aveva denunciati, già tre anni prima, alla commissione d’inchiesta sul brigantaggio un proprietario terriero del Foggiano, Antonio Petrozzi.

Fra le varie altre cose di un certo interesse da lui dette c’era stata la proposta di un’amnistia generale così motivata: «Il Padre deve perdonare e non irritare i propri figli che, giunti all’eccesso, possono rendersi anche parricidi». Riguardo alle vere e proprie esecuzioni sommarie che si facevano durante i trasferimenti dei briganti aveva invece scritto: «… giungerli a fucilarli pare che sia molto troppo, o Signori![…] e fucilarli a tradimento e mentre erano in traduzione, senza di una condanna o di una Corte o di un Consiglio di Guerra, è cosa forte e vergognosa, e specialmente per noi Italiani!»[6]

Evidentemente questa, insieme a tante altre, era una voce nel deserto visto che il generale Pallavicini, come si è prima visto, non si curava di nascondere prove  scritte di quel suo modus operandi svincolato da ogni legge.

[1] Archivio di Stato di Matera, Corte d’Assise, b. 104, Interrogatorio di Francesco Angelino sulla scomparsa del brigante Domenico Batti del 9 aprile 1872.

[2] Cit da E. CICONTE, La grande mattanza: Storia della guerra al brigantaggio, Laterza 2018, pag. 120

[3] Archivio di Stato di Matera, Corte d’Assise b. 104, Estratti di sentenze del già Tribunale Militare ed atti di morte sul conto di vari briganti. Nota del Generale Pallavicini senza data, ma marzo 1865.

[4] A. RUSSO, Controrivoluzione e brigantaggio in Basilicata. Il caso Chirichigno, Aracne 2017, pag. 128

[5] Ginosa. Relazione del Delegato Alessandro De Gennaro all’Ispettore di PS. Cav. Taglieri del 25 febbraio 1865, in http://www.michelegalante.it/il-cadavere-di-coppolone

[6] https://archivio.camera.it/inventari/struttura/commissione-d-inchiesta-sul-brigantaggio-1862-novembre-29-1863-luglio-23. Deposizioni

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