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Riforma agraria: i borghi.

La realizzazione della Riforma agraria in Bsilicata è stata accompagnata dalla realizzazione di infrastrutture residenziali e produttive nelle campagne finalizzate a ” mantenere ” sul podere gli assegnatari. Le tipologie degli interventi sono state varie. In alcuni casi gli interventi, in particolare nel metapontino, hanno avuto successo. In altri si sono rivelati un fallimento, concludendo l’esperienza con l’abbandono delle strutture. In alcuni comprensori di riforma il nuovo insediamento produttivo era costituito da aggregazioni di case realizzate direttamente sui poderi con uno schema che vedeva nuclei isolati collegati dalla viabilità rurale di nuova costruzione e sostenuti dalla presenza di scuole rurale e piccoli centri di servizi. Buona parte di tali insediamenti appaiono realizzati nei comprensori più piccoli e ben presto rivelano il loro limite nella dispersione della popolazione sul territorio. I contadini abituati a vivere negli insediamenti urbani, sia pure piccoli, o in grandi masserie, ben presto abbandonano le nuove residenze poichè privati dall’importante collante costituito dal solidarismo della comunità di appartenenza. Altra tipologia di intervento infrastrutturale è costituito dalla realizazione di veri e propri borghi abitati attrezzati con scoule, centri medici, centri di servizi  chiese.  I nuclei più importanti realizzati in Basilicata sono Policoro, Scanzano Jonico che diventano comuni autonomi nel 1959 e 1974, Taccone e S. Maria d’Irsi a Irsina, Calle a Tricarico, Venusio a Matera, Monteserico a Genzano, Caprarico a Tursi, Pianelle a Montescaglioso, Serramarina a Bernalda, S. Cataldo a Bella, Boreano a Venosa.

Policoro. Il comprensorio di riforma più importante della Basilicata è quello organizzato intorno a Policoro. Il feudo medievale di Policoro si forma sul territorio dell’antica città magnogreca, nel secolo XI quando risulta in possesso dei Conti normanni di Chiaromonte, che agli inizi del secolo XII concedono il possedimento ai monaci italogreci del monastero di S. Elia di Carbone. I feudatari mantegono però il controllo del Castello, che nel secolo XIII risulta tra le domus di Federico. Nel secolo XIII, il grande feudo passa ai Sanseverino che a metà del secolo XVII donano l’intero complesso patrimoniale ai Gesuiti. Questi perdono Policoro nel 1772, con la cacciata dal Regno, e poco dopo il feudo, nel frattempo passato sotto il controllo del Regio Fisco, è acquistato dalla Principessa Maria Grimaldi di Gerace. Nel 1893, gli ultimi eredi dei Gerace vendono Policoro al Principe Berlingieri che che nel primo dopoguerra concede in fitto il feudo ad una società privata, Padula e soci di Moliterno. Con la Riforma agraria al principe Berlingieri saranno espropriati ben 5625 ettari di terreno, bonificati da imponenti opere di controllo delle acque e infrastrutturati da una fitta viabilità interpoderale. Nel comprensorio di Riforma, saranno insediati centinaia di assegnatari provenienti da tutta la Regione. A servizio dei poderi, l’Ente Riforma, realizza ai piedi della collina su cui sorge il castello, il nuovo borgo di Policoro: edifici per i servizi pubblici, le scuole, servizi commerciali, la chiesa, la delegazione del municiopio di Montalbano. Il nuiovo borgo è collocato a poca distanza dalla statale jonica ed è servito anche dalla ferrovia statale. Il successo dell’intervento è assicurato anche dai servizi di assistenza tecnica erogati ai contadini ed in pochi la produttività del comprensorio, nel quale la bonifica ha debellato la malaria, risulta tra le più alte del Meridione. Al momento dell’avvio della Riforma la popolazione di Policoro assomma a 861 abitanti che nel 1957 hanno già superato i 4.000 abitanti tanto che nel 1959, il borgo ottiene l’autonomia da Montalbano Jonico. Nei decenni successivi l’incremento demografico e lo sviluppo, basati su un’agricoltura d’avanguardia, sono costanti tanto che l’attuale popolazione ha ormai superato le 15.000 unità. Nella città, cresciuta a dismisura, il piccolo borgo realizzato della Riforma Agraria, è ormai testimonianza di un successo che purtroppo si è ripetuto solo in pochi altri casi.         

Scanzano Jonico. La vicenda della formazione del feudo di Scanzano e della Riforma Agraria nella stessa zona è molto simile alla vicenda di Policoro. Anche qui il feudo medievale si forma su antichi appoderamenti dell’epoca magnogreca. Insieme a Policoro, il feudo di S. Maria di Scanzano, nel secolo XII è donato dai Normanni di Chiaromonte ai monaci di S. Elia di Carbone, dai quali, nel secolo XV il possesso passa ai Sanseverino. Nel 1741 il feudo è acquistato dai Principi D’Aragona; passa poi ai Donnaperna ed infine nel 1816 è acquistato dal Principe Gennaro Ferrara. Questi avvia la costruzione del grande palazzo baronale ancora esistente, intorno al quale sorgono le abitazioni dei salariati impiegati nello sfruttamento del feudo. Nel territorio di Scanzano sono presenti, fin dal medioevo altre unità latifondiste. A Recoleta un grande complesso patrimoniale sorto intorno alla grancia di S. Nicolò de Sylva appartenuta all’abbazia della SS. Trinità di Venosa; ad Andriace un altro vasto complesso patrimoniale appartenuto nei secoli XI-XII all’abbazia benedettina di S. Maria di Banzi e poi al Vescovo di Tricarico. L’intero sistema latifondista di Scanzano sarà smantellato dalla Riforma Agraria e suddiviso in centinaia di appoderamenti assegnati a contadini provenienti da molti paesi della Basilicata. La bonifica del comprensorio rende abitabili il territorio a valle ed a monte dell’insediamento antico nei pressi del quale, l’Ente Riforma realizza il nuovo borgo attrezzato con scuole, chiesa, uffici pubblici e servizi commerciali. Al borgo principale fanno corona altri nuclei minori, S. Sofia e Terzo Cavone. La fertilità del suolo, il dinamsimo degli assegnatari, una sistematica assistenza tecnica, la rottura del plurisecolare isolamento garantita dalla statalke jonica e dalla ferrovia collegamenti, favoriscono lo sviluppo di un’agricoltura ricca e d’avanguardia. Nel 1974 Scanzano raggiunge l’autonomia amministrativa mentre la popolazione giunge a superare le 7.000 unità.  L’appoderamento di Scanzano:  http://maps.google.it/maps?sourceid=navclient&rlz=1T4GGLR_enIT309IT309&q=scanzano+jonico&um=1&ie=UTF-8&hq=&hnear=Scanzano+Jonico+MT&gl=it&ei=XPdZS7vwF4iWmAOi-tisAg&sa=X&oi=geocode_result&ct=image&resnum=1&ved=0CAsQ8gEwAA  

Caprarico. Nella valle dell’Agri, lungo la fondovalle dell’Agri, un importante comprensorio di riforma è costituito dalle aree di Caprarico e Gannano, suddivise tra i comuni di Tursi e Stigliano. Gli appoderamenti della Riforma nel comprensorio della media valle dell’Agri, traggono vantaggio dalla buona qualità dei terreni, dall’abbondanza d’acqua, da un sistema irriguo alimentato dalla diga di Gannano e dalla presenza di una importante strada di collegamento interregionale. L’insediamento più importante è Caprarico realizzato in più nuclkei su antichi possessi del Duca di Tursi. La borgata principale è costruita nei pressi dell’antica masseria fortificata di Caprarico, trasformata in centro servizi. Il nucleo presenta una tipologia molto complessa. Abitazioni a schiera ed a palazzine isolate; una grande chiesa; l’ufficio postale; la delegazione comunale; un centro commerciale. Al grande borgo di Caprarico è collegato, tramite la viabilità interpoderale, l’insediamento più piccolo di Caprarico sottano formato da circa 20 abitazioni raggruppate poco a monte dell’invaso di Gannano. Lungo la fondovalle dell’Agri, sono invece insediati poderi isolati aggregati a schiera. Sul versante della valle verso Stigliano, sono presenti vari altri nuclei, Gannano del Monte, S. Antonio, contrada Caputo, generalmente forma da insiemi di 15/20 abitazioni raggruppati intorno ad una scuola rurale ed a locali di servizio. Più a valle in direzione di Montalbano e di Anglona, altri appoderamenti con abitazioni isolate, ma ben collegate dalla presenza della fondovalle dell’Agri, sono realizzate a lato della strada statale. Questi ultimi appoderamenti erano anche serviti dalle ultime stazioni della Ferrovia Calabro-Lucane, che terminava in prossimità della statale n. 598. L’insieme del sistema dell’appoderamento della valle dell’Agri, sembra, ancora oggi, aver sofferto meno di altri nuclei, dell’abbandono sistematico da parte degli assegnatari.    

        

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