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Niente devozione, niente processione

Umili sì, pazienti pure, ma tutto ha un limite e quel limite i fedeli, anzi gli ingrati ex fedeli di Sant’Antonio, in Montescaglioso, lo avevano superato da tempo. Va bene che il santo delle tredici grazie, degli umili e dei bambini che da lui guariti portavano poi per qualche anno l’abitino monacale, era abituato all’ingratitudine. Trattato come un parente a cui ci si rivolge solo in caso di bisogno, lui perdonava tutto, ma proprio tutto.  Pure la malacreanza dei napoletani che, dopo essersene serviti per ben 15 anni (1799-1814) per punire San Gennaro che s’era mostrato esageratamente simpatizzante per i giacobini, lo avevano liquidato senza nessun rispetto appena si era tornati al vecchio ordine.

Lui poteva passare sopra a tutto, dimenticare ogni torto, accorrere a ogni chiamata in soccorso di chiunque.

Lui era santo, ma padre Fedele no e gli affronti se li segnava. Secondo lui anche i santi avevano una dignità da difendere e se non ci pensavano loro, presi come erano da faccende più importanti, toccava a quelli come lui. Così la pensava, il padre guardiano del locale convento che della fede e della fedeltà aveva fatto nella sua vita da religioso il tratto distintivo scegliendo di chiamarsi proprio Fedele.

Per questo il 16 aprile, in tempo per evitare al Santo di Padova l’ennesima umiliazione, detto padre prese carta e penna e scrisse al vescovo.

Scrisse raccontando che:

Da tempi remoti il popolo di Montescaglioso, insieme al Rev. Capitolo, il primo Maggio suol portare processionalmente la statua di S. Antonio di Padova dalla Chiesa dei Cappuccini alla Chiesa parrocchiale ed ivi tenerlo esposto pubblicamente sino al 31 maggio per poi riportarlo nella Chiesa del Convento. Ciò ebbe origine dalla grande divozione di questo popolo verso del (sic) gran Santo di Padova che onorava altamente con processione solenne e concorso di popolo.

Da parecchi anni però questa divozione è venuta a mancare, nessun concorso di popolo, anzi bisogna pregare e stentare per trovare persone che portino il Santo non senza qualche risata e motteggio.

L’anno scorso, quantunque avessimo preavvisato e pregato caldamente il popolo in giorno festivo, invitato anche a suono di campane, non si trovò chi intervenisse alla processione, né chi portasse il Santo, il Capitolo fu costretto a ritornarsene e non si sarebbe fatta la processione, se, a metà strada, non si fossero trovati alcuni muratori che si offrirono di portare la statua.

Il 31 maggio capitò la stessa sorte alla Comunità dei religiosi che dovettero ritornarsene dalla Chiesa Madre per non essersi presentato nessuno, quantunque invitato con le campane e preavvisato come sopra.

Non è questo, Eccellenza, un avvilire la nostra S. Religione, un insulto al Santo, anzi un indegno oltraggio insopportabile ad ogni buon fedele?

Ciò posto, faccio notare a V. Ecc.za: la suddetta processione fu istituita per soddisfare alla grande divozione del popolo di Montescaglioso nell’onorare il gran Santo. Ora, cessata questa divozione, cessa la ragione di una tale processione.

Ben considerando quanto Le ho esposto, io con tutta la Comunità, anche a nome del MRP Provinciale […], preghiamo caldamente ed umilmente V. Ecc.za a non permettere più quest’inconveniente, abolendo la suddetta processione. Per quant’è da noi, non ci presteremo in nessun modo a che si ripeta quest’insulto al santo e a Nostro Signore. […]

Dell’Ecc. Vostra Ill.ma Rev.ma

Umilissimo figlio in Gesù C

  1. Fedele da Montescaglioso

 

La supplica, inviata il 16 aprile del 1921, sarà accolta e il primo maggio di quell’anno la statua di Sant’Antonio resterà al suo posto nella chiesetta dei Cappuccini. Non potrà così assistere all’incendio della locale camera del lavoro da parte dei sostenitori del deputato paesano e gli sarà risparmiato anche di vedere, in prima fila, fra gli assalitori alcuni suoi ex devotissimi fedeli.

Cristoforo Magistro:
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