Dalle Società di Mutuo Soccorso alle leghe contadine

Una tela di ragno, un qualcosa di fragile e complesso, un continuo ricominciare daccapo.

É questa la sensazione che si prova nel cercare fra le carte d’archivio un qualche accenno o rimando al primo nucleo di organizzazione autonoma dei lavoratori di Montescaglioso.

Al principio dell’autonomia non s’ispiravano certamente le Società di Mutuo Soccorso che, spuntate un po’ dappertutto a fine Ottocento anche nel Sud per impulso e con il patrocinio di qualche notabile più illuminato o intraprendente, dovevano favorire l’integrazione dei ceti popolari nel sistema borghese. La ragione sociale dichiarata negli statuti di tali formazioni era infatti quella di “guidare” la coscienza dei ceti popolari e favorirne la sociabilità.  

In concreto le uniche buone pratiche che quelle società riuscirono ad attuare fu la creazione di fondi di solidarietà, più o meno consistenti, formati dalle quote d’iscrizione e dai contributi mensili dei soci, per dare sussidi in denaro agli aderenti che si fossero ammalati[1]. Non sappiamo a quali categorie appartenessero gli associati, ma tutto lascia credere che si trattasse in prevalenza di artigiani, il ceto che faceva da cerniera fra contadini e galantuomini. Un ceto di mezzo cui andavano  ambivalenti sentimenti di rispetto e disprezzo. Gli artieri infatti erano portati a sentirsi superiori ai contadini rozzi e senza maniere; questi a loro volta hanno considerazione solo per i fabbri che fanno un lavoro pesante come il loro e dei quali hanno sempre bisogno, mentre tendono a giudicare qualche altra categoria in termini piuttosto negativi.

Società di Mutuo Soccorso degli emigrati di Miglionico dedicata al notabile De Ruggieri

Stante questa loro collocazione non meraviglierà sapere che in Lucania queste associazioni si erano presto trasformate nel loro concreto operare in partiti al seguito dei notabili in lizza per la conquista del municipio. “Nella Provincia – si legge in una relazione prefettizia del 1882 – non esistono associazioni Politiche. In buona parte dei Comuni vi sono Società Operaie di mutuo soccorso, ma quasi tutte mirano allo scopo di contarsi e disciplinarsi  per le elezioni amministrative. Cosicchè spesso avviene che nello stesso Comune, abbenchè piccolo, si osservano due società operaie, l’una che rappresenta la maggioranza e l’altra la minoranza amministrativa del paese e poco o nessuno assegnamento sulle medesime puossi fare dal Governo per le elezioni politiche giacchè agli interessi generali dello Stato poco pongono interesse e pensiero”[2]. In realtà, mano a mano che l’esercizio del diritto di voto sarà allargato a nuovi soggetti, l’interesse delle società per le vicende della politica nazionale crescerà sensibilmente, ma negli anni a cui fa riferimento la relazione le cose stavano precisamente così anche a Montescaglioso.

Qui nel 1873 risultava operante una delle cinque associazioni mutualistiche presenti in tutta la regione, ma nel 1881 questa prende il nome di “Associazione Operaia del Progresso” e nel 1887 ne nasce un’altra, in concorrenza con la prima già nel nome, la “Associazione di Mutuo Soccorso del Progresso”. Malgrado ci si possa iscrivere già a 15 anni, sia l’una che l’altra hanno appena 40 soci, un numero assai basso in rapporto a quello di altri e meno popolosi centri[3]

Il carattere personalistico di questi organismi è ribadito e meglio precisato nei successivi rapporti prefettizi: “le società operaie che in questa provincia, meno poche eccezioni, sono vere fazioni Municipali organizzate da mestatori per servirsene nelle elezioni, e più specialmente nelle amministrative, sono anche aumentate in questo semestre. Il contegno serbato in tale periodo di tempo non ha dato luogo però ad osservare”[4].

Questo nel primo semestre del 1884, l’anno dopo ce ne sono nei due terzi dei paesi lucani (precisamente in 78), ma le tensioni e gli scontri cui danno luogo si acuiscono e per alcune si devono prendere “misure preventive onde mantenere inalterato l’ordine e la tranquillità pubblica”[5].

Tutto lascia pensare che tali misure siano consistite nello scioglimento o nel cambiamento dei dirigenti delle società più turbolente.

A inizio Novecento, precisamente al 31 dicembre del 1904, ve ne sono 97 che associano complessivamente 12.855 individui con una media di 132,5 iscritti per sodalizio. Quattro di queste si definiscono cattoliche, ma come precisano gli stessi autori dell’inchiesta, il movimento cattolico si avvia soprattutto dopo tale data[6]. Naturalmente dai circoli che vi fanno riferimento è bandita ogni idea di lotta di classe. Tanto più in una regione come la Basilicata dove, arriva a scrivere il foglio cattolico La Scintilla, “osservando coscienziosamente la posizione dei nostri proprietari in rapporto ai lavoratori, troviamo che la condizione dei primi è assai più misera di quella degli altri”. Parlare qui di aumento di salari significherebbe ingannare i lavoratori e solo sconsigliati sfaccendati possono pensare ad  organizzarli contro i proprietari: “No, in questa terra del sole, dove sono morte tante potenti energie, dove non fioriscono le industrie, dove il commercio è in abbandono, dove i balzelli premono inevitabilmente i proprietari, dove il governo assume la fatale figura del nemico non può attecchire il socialismo, non può prendere colossale proporzione la lotta di classe”. E concludendo: l’avvenire di queste regioni non può dipendere dalle lotte fra ricchi e poveri, ma dallo sviluppo dell’industria, dell’agricoltura e del commercio e dalla riforma tributaria[7].

Ci vorrà – e forse non basterà- un secolo intero per convincersi che non era nè giusto nè possibile aspettarsi tutto dallo stato, ma ciò detto non si può negare che per alcune cose la Lucania è ancora là che aspetta.

Penso ad alcuni collegamenti mancanti e ad una foto, quella sotto riprodotta. Fu scattata nel settembre del 1902, in occasione del passaggio da Matera del presidente di Zanardelli, e mostra dei ragazzini con un cartello nel quale si chiede l’allacciamento della città alla ferrovia…


 

 

[1] LUIGI TOMASSINI, Il Mutualismo nell’Italia liberale (1861-1922), in http://www.archivi.beniculturali.it/DGA-free/Saggi/Saggi_49.pdf, p. 25.

[2] Archivio Centrale di Stato,  Relazione politica amministrativa pel I semestre 1882, in Min. Int. Rapporti dei Prefetti 1882-1894, busta 18, fascicoli 5171-5174, Potenza.

[3] N. Lisanti, Il movimento cooperativo in Basilicata dall’Unità al fascismo, p. 18, in  http://www.consiglio.basilicata.it/pubblicazioni/Movimento_cooperativo_Basilicata/capitolo.pdf

[4]ACS, Relazione politica amministrativa pel I semestre 1884, cit..

[5] Ib., Relazione politica amministrativa pel II  semestre 1885.

[6] Inchiesta parlamentare sulle condizioni dei contadini nelle province meridionali e nella Sicilia, Volume V, Basilicata e Calabria,  Tomo III, p. 662, Roma 1910.

[7] La lotta economica nel Mezzogiorno, La Scintilla del 6 aprile 1902. 


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