La Cripta della Madre Terra

 

La Cripta della Madre Terra

Cronaca di un inaspettato ritrovamento archeologico

 

Questo lavoro nasce da un colpo di fortuna, da una un’avventurosa escursione con la mia amica Mafalda, giunta dalle Marche per scoprire le bellezze della città di Matera, capitale Europea della Cultura 2019, e del Parco della Murgia Materana.

Per lei avevo tenuto in serbo uno dei percorsi che più mi sta a cuore, nella parte del Parco che ricade nel territorio di Montescaglioso, il mio paese, vicino al Vallone della Loe; un ritaglio naturale autentico, non ancora battuto dal turismo di massa, dove la fitta macchia mediterranea abbraccia piccoli boschi di querce, olivi, fichi, e al cui interno gli eremi, le chiese rupestri e i villaggi medievali sono cadenzati da paesaggi primordiali.

Per regalarle un’esperienza davvero suggestiva, sapevo che dovevo spingermi fino al complesso di  Sant’Eustacchio, uno dei monasteri cenobitici più spettacolare di tutto il pianoro murgico, che si collega alla chiesa della Madonna della Loe tramite un sentiero sul precipizio della gravina; questo è stato reso impercorribile dai numerosi crolli che hanno interessato tutti gli insediamenti umani, portando via con loro un pezzo enorme di storia, ma lasciando qualche piccolo ritaglio di ambienti sacri impreziositi dalla loro naturale resilienza .

È in questo contesto di grotte calcarenitiche, precipizi, passaggi stretti e burroni che è possibile, sopraffatti dalla curiosità, scoprire qualcosa di se stessi, una cisterna o un possibile ambiente di una chiesa sconosciuta, proprio com’è successo a noi!

Proseguendo verso il basso dalla cappella di Sant’Eustacchio tramite delle scalette ripide e parzialmente crollate, si raggiungono alcuni ambienti dell’immenso complesso fino ad arrivare alla chiesa di S. Stefano di Pandona, dal nome della omonima contrada, e anch’essa interessata dai crolli e rimaneggiamenti nel corso dei secoli.

La chiesa conserva un ciclo di affreschi: una trinità, una madonna con bambino con un iscrizione latina e la data del 1616. Sotto gli affreschi, scavato nella roccia, un bellissimo battistero circolare richiama le tonde cisterne che si trovano lungo tutto il complesso, alcune delle quali ancora funzionanti e collegate da un antico sistema di canalizzazioni per la raccolta delle acque.

Da qui, arrampicandosi su alcuni massi scoscesi con l’aiuto di alcuni arbusti, si possono raggiungere alcuni livelli superiori quasi del tutto crollati; in particolare l’ultimo livello a circa 15 metri di altezza dalla chiesa. Subito la nostra attenzione è andata a una cisterna ricolma d’acqua, affrescata nella parete di fondo con motivi floreali, e un soffitto di intonaco rosa. È qui che la fortuna e l’attenzione ai particolari ci hanno riservato una magnifica sorpresa: nell’estremità centrale dell’affresco si intravedevano due occhi, e i motivi geometrici e floreali poco sopra diventavano improvvisamente le evidenti decorazioni di un maestoso copricapo.

Quasi subito si è posto il dilemma chi o cosa fosse raffigurato dall’affresco; la prima analogia è andata naturalmente alla Madonna con bambino conservata nell’abside centrale della Cripta del peccato originale di Matera, risalente a epoca altomedievale[1] .

Ma l’aureola? La figura della cisterna non ne aveva una…

Poteva essere un santo, una santa, un principe o una principessa bizantina o una divinità pagana legata al culto dell’acqua. Due giorni dopo, tormentato dalle ipotesi e dalle ricerche inconcludenti sul web, chiedo a due amici di tornare a visitare la cisterna per fare dei rilievi e scattare delle foto. Anche a loro appare subito evidente la differenza cronologica e stilistica dell’affresco da quelli poco distanti della chiesa di S. Stefano in Pandona.

Inoltre, l’arco a sesto ribassato che introduce alla cisterna è simile a quelli che immettono nelle absidi di altre chiese rupestri, o che dividono le chiese più grandi in navate; anche le tracce di intonaco rosa mi riportano alla chiesa di S. Nicola all’Annunziata[2], situata sul primo dei quattro livelli di un complesso nelle vicinanze. Notiamo che l’acqua nella cisterna è il frutto di un sistema di canalizzazione che arriva lungo il lato sinistro del soffitto, sicuramente un rimaneggiamento, come anche l’innalzamento dell’ argine di pietre di tufo per contenere l’acqua nella parte più esterna alla cisterna. L’acqua ha completamente cancellato l’affresco fino al livello di massimo riempimento della cisterna, che corrisponde agli occhi della misteriosa icona circuita da fiori. Se da un lato l’acqua ha distrutto buona parte dell’affresco, dall’altra ha permesso al frammento rimanente di superare

quasi intatto i secoli, mantenendo lontano eventuali visitatori.

Sullo stesso livello troviamo due piccole stanze adiacenti ai due lati della cisterna, una più rientrata. Su una di queste ci sono due date incise, vecchie mezzo secolo. Una stretta scalinata in calcarenite gialla come sabbia porta nel vuoto; forse in passato permetteva l’accesso dal pianoro sovrastante, prima del crollo.

Ritornati al paese ossessionate ricominciano le ricerche: il primo riferimento, quello a nostro avviso più autorevole, lo ritroviamo nei lavori del circolo La scaletta, che negli anni 70’ ha svolto una meticolosa attività di ricerca e mappatura delle chiese rupestri del territorio. Nel saggio aggiornato del 1995 Chiese e asceteri rupestri di Matera[3] si fa questa menzione della cisterna nella quale ci siamo imbattuti. “…salendo un paio di livelli, quasi all’altezza della cripta di Sant’ Eustacchio, si sviluppa un’altra serie di cavità molto fratturate e pericolanti fra cui una grande cisterna rettangolare colma d’acqua, sormontata da un mascherone affrescato.”. Nessun riferimento però a qualsiasi ipotesi cronologica e stilistica del dipinto, nonché alla possibilità che ci si potesse trovare all’interno di un ambiente di un edificio di culto.

Ulteriori ricerche iconografiche e una serie di combinazioni in rete, ci conducono ad alcune pergamene dell’XI secolo custodite a Bari, all’epoca capoluogo del Catapanato d’Italia, una provincia dell’Impero bizantino.

Si tratta degli Exultet[4] , rotoli di pergamene caratterizzati dalla presenza contestuale di raffigurazioni miniate, canti pasquali di matrice sacra e le prime notazioni musicali della cultura occidentale, diffusi in tutti i territori cristiani e utilizzati per oltre quattro secoli durante la celebrazione del rito liturgico della veglia pasquale del Sabato Santo.

Inoltre la diffusione degli Exultet è attestata in tutta l’Italia meridionale, o meglio in quell’area di essa che nel Medioevo costituì la Longobardia Minore o area beneventana tra i sec. X e XIV.

Nell’Exultet I di Bari[5] trovo un immagine dell’allegoria della Madre Terra; ho un sussulto: forse ci siamo, finalmente qualcosa di simile! Tutti e tre ci troviamo d’accordo sulla reale possibilità che si tratti dell’icona con il copricapo decorato dell’affresco della cisterna.

Un’ultima analogia iconografica, per quanto a nostro avviso molto blanda, si può rintracciare nei mosaici della pavimentazione della cattedrale di Otranto, e precisamente nella rappresentazione dell’Allegoria della primavera[6].

L’immagine dunque potrebbe verosimilmente risalire al X-XI sec., cioè prima della conquista Normanna, in un periodo di grande incertezza politica e di reciproca debolezza dei domini Bizantini e dei Ducati Longobardi sempre in lotta tra loro.

L’icona infatti conserva caratteristiche di chiara influenza bizantina (come la prospettiva verso l’esterno dello sguardo che sembra seguire l’osservatore), e sembra discostarsene contestualmente per altri  aspetti: per l’austero cromatismo utilizzato; per la mancanza di caratteristiche tipiche, come l’immancabile aureola; per la presenza del particolarissimo copricapo floreale. Sono proprio questi particolari ad essere in sintonia con quella raffigurazione dell’immagine della Terra dell’ Exultet I di Bari, forse frutto delle diverse culture che in quel periodo animavano questi territori, longobarda, bizantina, benedettina e la misteriosa e controversa basiliana[7], che l’imminente dominio Normanno, in mancanza di un proprio sistema di rappresentazione iconografica, incentivò probabilmente alla definitiva fusione.

 

Ideazione

Ideazione

Francesco D’Aquino dottore in Scienze dell’Alimentazione

 

Articolo a cura di

Francesco D’Aquino dottore in Scienze dell’Alimentazione

Federico Scialpi dottore in Lettere e Filosofia

 

Fotografie senza didascalia e

Impaginazione a cura di

Raffaele Petrozza dottore in Architettura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia

 

  1. Rizzi, .Monachesimo bizantino e chiese rupestri in Basilicata.,Aspetti e Problemi, (tavv. 55-69)

 

  1. Babudri, L’Exultet di Bari del Sec. XI , Archivio Storico Pugliese 5 , 1959

 

G.Patricelli, Otranto.Cattedrale dell’Annunziata, il mosaico pavimentale, Il Faro, 2012

 

Guglielmo Cavallo, Rotoli Di Exultet Dell’Italia Meridionale, 1973

 

  1. Caprara, D. Caragnano, F. Dell’Aquila, Archeogruppo “Espedito Jacovelli” di Massafra (Ta), Tradizione longobarda nella pittura della chiesa rupestre del Peccato Originale a Matera.

 

Sitografia

 

 

http://www.criptadelpeccatooriginale.it/index.php?lang=it

 

Basilicata (158)

 

http://www.treccani.it/enciclopedia/basiliani_%28Enciclopedia-Italiana%29/

 

http://www.barinedita.it/storie-e-curiosita/n2926-exultet-le-antiche-pergamene-capolavoro-%E2%80%9Cnascoste%E2%80%9D-nel-museo-diocesano-di-bari

 

http://www.parcomurgia.it/ita/web/item.asp?nav=6

 

https://www.ceamatera.it/

 

http://www.zetema.org/

 

http://www.lascaletta.net/

 

https://rsdi.regione.basilicata.it/

 

 

Montescaglioso 09/10/2018

 

[1]1 R. Caprara, D. Caragnano, F. Dell’Aquila, Archeogruppo “Espedito Jacovelli” di Massafra (Ta), Tradizione longobarda nella pittura della chiesa rupestre del Peccato Originale a Matera.

 

[2] http://www.eremos.eu/index.php/basilicata/

 

[3] Chiese e asceteri rupestri di Matera –  Mario Padula, Camilla Motta, Gianfranco Lionetti- 1995

[4] Guglielmo Cavallo, Rotoli Di Exultet Dell’Italia Meridionale, 1973

 

[5] F. Babudri, L’Exultet di Bari del Sec. XI , Archivio Storico Pugliese 5 , 1959

 

[6] Parte del mosaico rappresenta la divisione ciclica del tempo, con un’immagine allegorica per ogni mese dell’anno. Vd. G.Patricelli, Otranto.Cattedrale dell’Annunziata, il mosaico pavimentale, Il Faro, 2012

[7]  A. Rizzi, .Monachesimo bizantino e chiese rupestri in Basilicata.,Aspetti e Problemi,  (tavv. 55-69)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Commenti da Facebook

1 Commmento

  1. Cristoforo Magistro

    Complimenti

    Questo articolo dimostra cosa possono fare i nostri giovani unendo le loro competenze e passioni.

    La scoperta è il frutto – speriamo uno dei tanti a venire – della loro febbre di avventura e di ricerca, unita a una seria preparazione e all’onestà intellettuale che li ha spinti a esaminare ciò che era stato fatto in precedenza e a citarlo. Questo si chiama rigore, un modo di operare seguito da pochi negli studi sulla nostra regione.

    Grazie per aver scoperto e condiviso la bellezza misteriosa e senza tempo di quelle pitture e di quegli ambienti in cui i nostri antenati hanno vissuto tanto da farceli sembrare in qualche misura famigliari.

    Grazie e buon proseguimento. La nostra terra ha tanti tesori nascosti, tirarne fuori qualcuno ogni tanto non può che rallegrare tutti e, sapendo di essere “figli di persone antiche” come diceva non so chi, rafforzare il nostro senso di appartenenza a una comunità modellata e rimodellata dagli eventi che si sono susseguiti nel corso del tempo.

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