I falsari dell’abbazia

Navigando su internet mi sono imbattutto in un libro dal titolo tremendo che si richiama ad alcune vicende della nostra abbazia. Questo: Il collegio mabilloniano sostenuto nelle sue vere regole diplomatiche e garantito da’ sofismi de’ pirronici germoniani esposti nelle due edizioni delle critiche annotazioni su’ di uno stromento del MCCXXXIII de’ monaci cassinesi di S. Michele Arcangelo di Montescaglioso. (vedi allegato 1)

Un malloppone di 463 pagine stampato a Napoli nella seconda metà del Settecento (1773) per smentire le accuse di falsificazione di alcuni documenti storici da parte dei monaci benedettini di Montescaglioso. All’interno la conferma dell’impressione che si ricava dal titolo. Il tomo è scritto nel linguaggio complesso e pomposo tipico dell’epoca e della materia trattata.

Ma la curiosità ancora una volta mi ha fregato: ma come nella santa abbazia si compilavano dei falsi documentali? E cosa si falsificava e a che scopo?

Ma prima di tutto ho dovuto scoprire che significa “mabilloniano” e “pirronici germoniani”.

Cercando sulla rete il significato di queste parole mai sentite prima, ho capito che mi stavo ingolfando in una guerra fra periti in merito all’autenticità di alcuni documenti. Ho scoperto così che Mabilloniano significa seguace di Jean Mabillon (1632-1707), il fondatore  della paleografia e della  diplomatica moderna, cioè delle scienze che studiano  la datazione e l’autenticità delle scritture e dei documenti antichi. Era questi un’autorità assoluta in materia. Tanto che a lui, ad esempio, si era rivolto anche l’abate Serafino Tansi per una valutazione dei documenti conservati nell’abbazia di Montescaglioso ( si veda la pag. 2 dell’introduzione intitolata Lectori) che si farà poi autore, con Geronimo Santoro, della Historia cronologica monasterii S. Michaelis Archangeli Montis Caveosi del 1746

E che germoniano deriva da Germonio, un gesuita esperto anche lui di antiche carte. Pirroniano invece significa seguace di Pirrone, cioè persona estremamente scettica come lo era il filosofo greco assertore dell’impossibilità di conoscere le cose nella loro intima natura. Quindi l’accoppiata pirronici germoniani sta a indicare gente esperta e severa nel giudicare l’autenticità di un documento. Talmente severa da non riconoscerne pressochè nessuno come autentico.

Chiaritemi queste cose, ho cercato di capire qualcosa del libro stesso.

Si tratta di una opposizione alla relazione redatta dai notai Alessandro De Vito e Giuseppe Gargano, nell’interesse del Marchese de Los Balbases di Ginosa, con la quale si dichiaravano false ed apocrife le copie degli antichi privilegi e la pergamena su cui si basava lo stromento (l’atto)del 1233 al quale i monaci benedettini di Montescaglioso facevano risalire i loro diritti a “poter intromettere qualsisia quantità di Bestiame ne’ demani della Terra di Ginosa senza verun pagamento di Fida” (vedi allegato 2).  

Autore della controperizia a favore dell’abbazia Benedettina era stato Giuseppe De Palma che uscito, a quanto è dato capire, soccombente dal processo, volle prendersi la soddisfazione di far conoscere a un pubblico più vasto le sue posizioni.

Allegati (1)


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3 Commenti

  1. Cristoforo Magistro

    I periti chiamati a valutare l’autenticità di una pergamena secondo la quale nel 1233 Federico II avrebbe ordinato la concessione ai benedettini di Montescaglioso alcuni demani dell’agro di Ginosa, addurranno venti elementi che, a loro parere, concorrevano a farla ritenere falsa.

    Ecco la prima e più importante motivazione riportata a pag 373 de Il Collegio Mabilloniano:

     

    Dissero i primi periti che la pergamena era intera, nè in veruna parte logora, quantunque sostenga sul dorso il peso di cinque Secoli e più, ed il colore egualmente gialliccio al di dentro, e al di fuori sembrava più effetto di fumo, che di antichità, come anche le pieghe, che voltavano in fuori non erano confacenti ad una carta tanto a PP. favorevole, che dovea più gelosamente custodirsi. E che la colorita cera del suggello, ed il piccolo intatto legno, che le serve di custodia non identifica il corso di cinque Secoli, e più, senza entrare nella lunga, ed intrigata disamina, se i segni de’ Notari, e specialmente i sigilli di quei tempi si confrontano con quelli della controvertita carta.  

    Sempre secondo quei periti il falso sarebbe stato confezionato nel Seicento e vi avrebbero partecipato dieci monaci, uno come amanuense del testo e nove come testimoni. E’ da credere che qualche altro vi abbia collaborato come consulente riguardo ai contenuti e al formulario da usarsi. Una bella combriccola!

    Si riporta in allegato il documento incriminato:
    Falsa donazione

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