Il mio non voto: una scelta politica

Il mio non voto: una scelta politica

Solitamente quando si pensa al non voto in una competizione elettorale la prima cosa che viene in mente è un atto di protesta; io voglio protestare di certo, ma voglio anche esprimere un sereno e ragionato giudizio politico nella scelta di ciò che andrò a fare il 24 febbraio prossimo. Non mi asterrò, non andrò al mare come solitamente si usa dire, ma mi recherò alle urne come sempre, per ribadire la mia volontà e anche il diritto di partecipare; con altrettanta determinazione, dopo essermi fatto registrare, dichiarerò pubblicamente, pretendendo che venga messo a verbale, il mio diniego verso partiti e formazioni politiche che non mi rappresentano e verso una legge elettorale che mi toglie il diritto costituzionale di poter scegliere liberamente gli uomini che dovrebbero rappresentarmi nel Parlamento.

La mia non è solamente una scelta di protesta; fosse cosi mi sarei orientato come tanti verso formazioni che fanno della protesta il loro unico scopo; avrei votato magari per il Movimento 5 stelle, avrei dato voce a coloro che gridano al lupo con l’obbiettivo di scacciare il lupo ma senza preoccuparsi di rafforzare il recinto del gregge e lasciarlo comunque alla mercé delle iene e dei tanti altri predatori che non si chiamano lupo.

Ma io sono e rimango un uomo di sinistra e prima di questo un comunista; sono abituato a ragionare pensando ad uno Stato che si basi sul bene collettivo innanzitutto; una Nazione dove gli interessi di tutti vengano al primo posto e dove anche le individualità possano emergere senza che queste debbano in nessun caso anteporsi ai diritti inviolabili del bene comune.

Di questo concetto fondamentale della sinistra e dei movimenti socialisti cosa rimane nell’attuale panorama politico che a tale area politica si richiama? Nulla!!

Non esiterei un solo istante a dare il mio voto se solo vedessi in uno qualunque dei partiti o movimenti che si richiamano a tale concetto solo anche una esile percentuale; cosi purtroppo non è, e per quanto oggi mi sforzi di trovare in ognuno di loro un qualsiasi nesso con i valori in cui credo, ogni mia ricerca si infrange contro barriere che infondono in me una autentica sensazione di ripugno.

Tralasciando l’attuale Partito Democratico, sul quale già mille volte ho espresso il mio pensiero negativo e che già da tempo ritengo più un partito di centro; questo naturalmente non per presa di posizione, ma nella lettura dei comportamenti e degli obbiettivi che persegue. O per caso qualcuno possa trovare una collocazione diversa per un partito che da anni si batte per una economia basata sul sistema di rafforzamento delle banche, per una struttura del mondo del lavoro che prevarica i diritti dei lavoratori a favore delle grosse imprenditorie e che solo nell’ultimo anno con l’appoggio a Monti si è reso complice di vere atrocità nei confronti del Paese e del bene collettivo.

Ve la sentireste voi di dare fiducia ad un partito che accetta di far pagare l’IMU agli istituti di ricerca, che nonostante siano garantiti dalla Costituzione, non solo non vedono più finanziamenti statali, ma si vedono in questo modo derubare dei contributi volontari dei cittadini, quando invece si esentano da tali pagamenti locali della chiesa che nulla hanno di sociale ma utilizzati per scopi di lucro?

Ve la sentireste di votare per un partito che taglia i fondi ai malati di SLA e nello stesso momento istituisce un fondo di 240 miliardi di euro per aiuti in favore di Deputati che non saranno rieletti e che non troveranno una collocazione lavorativa nel prossimo futuro?

Io no; mi sentirei un verme ogni volta che per strada incontrassi anche solo un parente di quei malati di SLA che si sono visti togliere il diritto alla speranza.

Sgombrato il campo dal PD non rimangono che SEL e il nuovo movimento di “ Cambiare si può “-

Sia Sinistra Ecologia e Libertà che “Cambiare si può” entrambi sono sorti con l’auspicio di ricostruire una sinistra in Italia che ridesse speranza ai milioni di lavoratori e alle genti che negli anni si sono visti defraudati del lavoro, dei diritti fondamentali e spesso anche della dignità. Nulla di più nobile nei propositi di questi movimenti, non fosse per il fatto che al di là delle buone intenzioni, SEL prima e Cambiare si può poi hanno dimostrato nei fatti che il bene comune può essere prevaricato dagli individualismi e dalle ambizioni personali di crearsi rendite di posizioni. Su SEL si sono avventati come degli avvoltoi i tanti arrampicatori sociali, rifiuti di altri partiti o movimenti che hanno visto nel movimento vendoliano un possibile trampolino di lancio; lo stesso Vendola che pur è una persona per bene si è ritrovato ostaggio delle stesse persone cui lui stesso aveva messo in guardia il nascente partito e che ne hanno determinato i comportamenti e il progressivo e inevitabile avvicinamento al PD.

Allo stesso modo il movimento di cambiare si può, nato dall’appello di una settantina tra intellettuali e persone della società civile si è ritrovato alla fine a dover fare i conti con gli antichi sistemi di quella sinistra autoreverenziale divisa su tutto tranne che sulla possibilità di una qualunque spartizione di posti. Ecco quindi l’avventarsi di Ferrero, Diliberto che non si capisce mai da che parte stia, quello che rimane di Italia dei valori e ciliegina sulla torta un Ingroia autoproclamatosi imperatore di questo nuovo soggetto politico che tutto è tranne che reale rinnovamento cosi come ventilato agli albori.

Escludendo i partiti che al di là del PD si schierano storicamente nell’area che va dal centro alla destra, con i quali esiste una incompatibilità ideale e di contenuti da parte mia, in quelli che rimangono e che vanno dal PD a Cambiare si può, indipendentemente dalle dichiarazioni di intenti, io ad oggi non vedo nessuno che  metta nei fatti concreti quel collettivismo di cui parlavo nella prima parte del mio intervento, ne quel richiamo alla solidarietà, allo spirito di fratellanza e al mettersi a disposizione degli altri con estrema umiltà come da sempre è stato nella cultura socialista, senza atteggiarsi a divenire delle prime donne a tutti i costi, pretendere dagli altri che facciano dei passi indietro senza essere disposti a farli in prima persona.

Questo modo di fare non è nella cultura socialista ne nel mio personale modo di intendere la politica; il mio quarantennale impegno mi ha visto sempre in prima fila nel portare avanti le battaglie comuni ma mi ha anche visto in prima fila nella disponibilità di mettermi da parte per permettere ad altri, anche meno preparati di me, di poter esprimere al meglio le loro potenzialità. In questo modo ho fatto politica, mi sono divertito e mi sono anche emozionato; ho imparato che la politica è una delle arti più belle e nobili della vita degli uomini; con essa si determinano le scelte future dell’umanità e la sua stessa esistenza. Ho imparato che di politica ci si può anche innamorare come di una bella donna ed essa al pari di una donna ti può far sognare e insieme progettare il proprio destino.

Sarò anche un sognatore, ma amo profondamente la politica, pertanto sento oggi il dovere di doverla difendere e l’unico modo che ritengo oggi mi resta per poterlo fare è quello di non rendermi complice di coloro che la stanno trattando al pari di una prostituta.

Tonino Ditaranto


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