La lista Matteotti, seconda parte

Si è parlato nella prima parte di questo articolo della sottoscrizione per un monumento a Matteotti fatta a Montescaglioso il 19 agosto del 1924. Il loro numero non deve impressionare. Prima di fantasticare su rosse bandiere al vento, va detto che non si trattava di consapevoli antifascisti, i più – sull’onda dell’indignazione che montava in tutto il paese – avevano aderito alla sottoscrizione anche per fare dispetto al gruppo al potere e vendicarsi per non aver potuto liberamente votare pochi mesi prima.

Elenco sottoscrittori per il monumento a Giacomo Matteotti. Alcuni nomi sono stati erroneamente trascritti


Il tutto va quindi prudentemente letto considerando la particolarità che ebbe da noi il fascismo delle origini, ribattezzato da Chiummiento lucanfascismo, e che di quel fascismo in salsa lucana Montescaglioso, per le ragioni che si diranno, fu, a mio avviso, un ingrediente importante.

Tutto ciò detto, Il numero e la qualità dei sottoscrittori – per lo più tranquilli e sobri padri di famiglia – di condizione contadina, artigiana o impiegatizia, testimoniò tuttavia bene l’indignazione e il dolore che provò la maggior parte degli italiani quando si seppe della fine di Giacomo Matteotti, il deputato socialista punito con la morte  per aver denunciato in parlamento i brogli e le violenze fasciste in occasione delle elezioni del 6 aprile 1924. Brogli e violenze che furono così gravi anche a Monte e in tutta la Lucania da far risultare la regione come la più fascista d’Italia! Qui, infatti,  al solo PNF andrà il 79% dei voti, alla lista fiancheggiatrice il 14%. In totale il 93%, contro il  64,9%. attribuito a livello nazionale al PNF e alle liste apparentate.

Per spiegare questo sarà necessaria una digressione piuttosto ampia poichè bisognerà chiedersi quanto fosse stato spontaneo il plebiscito lucano e provare a dare una risposta.

 Non lo era stato per nulla a parere dell’unico giornale di opposizione che ancora si pubblicava. “La Basilicata” del nove aprile titolerà infatti a tutta pagina: La calma elezione truffaldina. E per sottotitoli: Violenze cortesi. Truffe quasi spudorate. cabine per due votanti. Presidenti di seggio ammaestrati. la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Unanimità più uno. Si può votare anche 10 volte[1].

Sull’edizione del dieci  aprile si legge: Come si sono svolte le elezioni del consenso. E su quella dell’undici: La documentazione del consenso continua. E il giorno dopo: Fasti e nefasti del consenso.

Per una settimana questo foglio che fino all’anno prima era stato l’organo ufficioso del partito Nitti, e il cui direttore, Giuseppe Canio Chiummiento, sarà fra i pochi a non rinnegare l’antico nume, documenterà quanto era accaduto in ogni paese. A chiusura dell’inchiesta al suo direttore non resterà che commentare: pigliamo atto senz’altro che la forte Terra Lucana, spontaneamente, addì sei aprile1924 ha dato 78.651 voti alla lista del fascio littorio, composta dai signori Catalani, Loreto, Sansanelli e Severini, e 14.263 voti alla ditta D’Alessio e fratello su 100.038 iscritti[2].

Va ricordato che con la legge Acerbo (giugno 1923) era stato istituito il premio di maggioranza per cui alla lista vincitrice che avesse conseguito il 25% dei voti validi sarebbero andati i 2/3 dei 535 seggi mentre i residui 179 sarebbero stati divisi tra le altre liste, applicando, per ogni circoscrizione il sistema proporzionale. La stessa legge aveva inoltre abolito le elezioni a base regionale per cui la Lucania era stata accorpata alla Calabria formando una circoscrizione, la quindicesima, formata da 339.117 elettori iscritti. Evidentemente in Calabria si era potuto votare un po’ più liberamente che in Lucania dal momento che, su base circoscrizionale, al PNF andrà appena il  74, 25% dei voti e popolari, massimalisti e unitari riusciranno ad eleggere un proprio rappresentante.  

Ma torniamo al paesello e occupiamoci della ditta D’Alessio e fratello per dire che la stessa era formata dal solo Francesco D’Alessio, un fenomeno di ambizione e spregiudicatezza, poichè il fratello Nicola era solo una comparsa occasionale. Entrato alla Camera una prima volta nel 1919, come esponente di una lista di ex combattenti senza essere mai stato in guerra, susciterà sentimenti di attaccamento o ripulsa totale. A titolo di curiosità,riportiamo un piccolo infortunio capitato a Giustino Fortunato e da questi riportato a Benedetto Croce: un anziano notabile di Muro Lucano residente a Napoli, Gerardo Petraccone, aveva rotto l’amicizia che li legava da trenta anni e messo fine all’abitudine di cenare spesso insieme accusando il buon Giustino di essere ostile al D’Alessio[3].

Sul fronte opposto, va citato invece un episodio di guerriglia giornalistica degno dei nostri tempi.  Nel 1921 su La Lettura, Rivista mensile del Corriere della Sera, comparvero, a puntate, Le memorie di un deputato di Ettore Janni, che nel 1919 era stato eletto alla Camera in una lista di ex combattenti e, avendone riportato una ben misera impressione, volle rendere partecipi i lettori della sua esperienza. In una pagina del fascicolo di agosto, alla quarta puntata, leggiamo: 

ti ringrazio, o Signore, di non dover più veder nell’aula e incontrar ne’ corridoi quell’altro deputato di prima legislatura che ha fretta di farsi strada e mostra l’inquietudine della cortigiana seduta a un piccolo tavolo di una trattoria di lusso. La cortigiana volge d’ogni parte i suoi sguardi e, se incontra altri sguardi, ve li appoggia su «con intenzione», come si dice nel gergo teatrale. Si atteggia a varie guise, o eccitanti o languide. Sorride, col sorriso meccanico del mestiere. Bisogna cavar qualche cosa da quella colazione! E se non le riesce, rimanda le speranze al pranzo. Quel deputato spera adesso in una seconda legislatura, come la cortigiana nel pasto della sera. Ha una pinguedine da vescica, come è giusto (perché Iddio è giusto), e nel corpaccione fiacco, su cui dondola una faccia rosea e lardosa da infante bene allattato, una voce schietta, sublime, da castrato, perchè Iddio è severo.

Immaginando poi di rivolgersi a Giolitti, la grande firma del Corriere della Sera aggiunge:

Ditemi soltanto, da uomo a uomo, una cosa: lo sentite lo schifo di questa carne di maggioranza, il fastidio di questa gente che non sa nè cercar la sua via né aggrapparsi dietro i carri senza goffaggine e vuole ad ogni costo che voi vi comportiate con essa come se esercitaste la tratta delle bianche? Quando questa gente v’è intorno, mi par di udire non so che ticchettìo di ciondoli d’oro falso e fruscio di tuniche brevi (ecco gli afflosciati divani rossi, Eccellenza) e mi par d’aspettare che un commissario di pubblica sicurezza vi si accosti e vi domandi se avete in regola il permesso della questura. Ditemi che il tanfo di questa pescheria canicolare, quando per terra rimangono le interiora dei pesci sotto nugoli di mosche, vi mozza qualche volta il respiro e io mi asterrò dal credere che la vostra arte di governo consista nell’estrazione dell’alcool metilico dai rifiuti organici[4].

Il brillante articolista non faceva nomi, ma diversi giornali riprodussero il brano sopra citato ravvisandovi il deputato lucano. Inoltre “La Basilicata – si legge in un pamphet fatto arrivare anche a Mussolini – ne fece una riproduzione quotidiana per oltre un mese , senza mai una smentita da parte di Janni o una protesta da parte del D’Alessio”[5].

Comunque stessero le cose Giolitti non aveva di queste sensibilità e la domanda di Janni resterà senza risposta. Il suo fiuto, tutto politico, lo usava per per reclutare ascari capaci di raccogliere – non importava come – tanti voti e già la Basilicata gli si era rivelata con Pietro Lacava (Corleto Perticara26 ottobre 1835 – Roma26 dicembre 1912), suo abilissimo sostenitore e ministro in due suoi governi, terra a vocazione ministeriale. D’altronde, come è noto, fu con il risolutivo contributo dei deputati  del Mezzogiorno che fra fine Ottocento e primo Novecento fu promosso il decollo industriale del Nord.

Ad ogni modo: tornato al potere per l’ultima volta in seguito al tracollo del governo Nitti (10 giugno 1920), nell’autunno del ’20 il grande vecchio di Dronero affiderà al D’Alessio il proconsolato sulla Basilicata e con le elezioni del 15 maggio 1921 lo riporterà trionfalmente alla camera. Sono, queste, le elezioni che aprono la strada all’avvento del fascismo.

A mio modesto avviso, in tale occasione la regione fu usata come campo sperimentale delle sopraffazioni che un territorio e le sue istituzioni ( la popolazione, le amministrazioni, la magistratura, le forze dell’ordine, la burocrazia) poteva tollerareno. Il test riuscì, l’opinione pubblica della regione che nelle precedenti elezioni  aveva fatto di Francesco Saverio Nitti, presidente del consiglio in carica, l’uomo più votato d’Italia, avvelenata dalle ingiurie di D’Annunzio – con epiteti quali Cagoia e grasso cuoco di Basilicata – e da campagne di stampa che lo accusavano di aver ceduto l’Istria e la Dalmazia, di aver amnistiato i disertori, di illecito arricchimento, di trescare con i socialisti, permetterà che nella primavera del ’21 a lui e ai suoi  fosse impedito di fare campagna elettorale. Di fronte al sovversivismo borghese, la magistratura tacerà e le forze di polizia se ne renderanno complici. A Irsina, Matera e Pisticci le amministrazioni socialiste saranno costrette alle dimissioni, il candidato nittiano e deputato uscente Nicola De Ruggieri sarà costretto a ritirare la propria candidatura; altrettanto farà il popolare Nicola festa; a Montescaglioso sarà bruciata la camera del lavoro che si trovava sotto la finestra della caserma dei carabinieri e chi proverà a difenderla sarà arrestato.  

Si dimostrerà così nella piccola regione si poteva apertamente alterare con la violenza di stato il risultato elettorale poiché lo stato liberale – uno stato che pur aveva dato libertà e diritti a tutti, ma senza creare le condizioni materiali per poterli esercitare – con la lotta fratricida che Giovanni Giolitti aveva fatto a Francesco Saverio Nitti, era al suo ultimo atto[6].

Di tutto questo il nostro, con la complicità del capogabinetto  del sottosegretario agli interni (il montalbanese Pietro Faudella che si servì a piene mani dei fondi segreti dello stesso ministero) e del prefetto Giulio Nencetti, fu un cieco e spregiudicato esecutore.    

Nota: seguirà, forse, una terza parte


[1] La Basilicata del 9 aprile 1924

[2] Novantatre per cento, La Basilicata del 9 aprile 1924

[3] E. Genti­le, a cura di, G. Fortunato, Carteggio 1912/1922. Bari, 1979, p. 240

 

[4] E. Janni, Memorie di un deputato, in La Lettura, Rivista mensile del Corriere della Sera, del  primo agosto 1921.

[5] Cfr, D. Tilena, Per fatto personale, Napoli 28 aprile 1926, in Archivio Centrale di Stato, Segreteria particolare del duce, Carteggio riservato 1922-1943, WR, fasc. D’Alessio Francesco.

[6] C. Magistro, Nitti. Lettere lucane, in Bollettino storico della Basilicata, n. 19, a. XIX, 2003, pag. 121.


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