Università: piccolo è bello?

Ogni tanto sui giornali e nel dibattito pubblico si accendono discussioni sul ruolo e l’utilità delle piccole Università.
Sono in molti a sostenere che gli atenei a base regionale non sono e non possono essere competitivi nè sul piano delle dotazioni materiali (laboratori, biblioteche, ecc.) nè su quello delle risorse umane (ricercatori e docenti) con quelli più antichi e blasonati dei grandi centri urbani.
Alcuni arrivano ad affermare che sia di per sè “formativo” il fatto che gli studenti per un po’ di anni si confrontino con i problemi del gestire una casa e del fare a meno del ragù e della camicia stirata dalla mamma.
Altri dicono che le Università sotto casa servono a trattenere nella regione di nascita i giovani e forniscono saperi specialistici rapportati al territorio.
Mi piacerebbe sapere cosa pensano in generale della questione gli utenti di Montescaglioso.net e, se la frequentano o conoscono in qualche modo, che giudizio danno dell’Università della Basilicata.


Commenti da Facebook

17 Commenti

  1. vince_ditaranto

    Ciao Cristoforo,

    hai messo sotto i riflettori un bell’argomento.

    Parlare dell’università italiana non è semplice e ci vorrebero papiri su papiri per esprimere tutti i problemi che vi sono e i modi (a volte palesi) con cui si potrebbe tentare di risolverli.

    Sarò breve, e risponderò solo sulla questio “..piccola università…” rimandando a prossimi post l’ampliamento dell’argomento.

    Come in molti aspetti della vita italiana anche in questo discussione c’è forte discrepanza tra intenzioni teoriche e (a mio avviso) risvolti pratici.

    Teoria: le università nei piccoli centri dovrebbero far restare i “cervelli” nella regione di appartenenza, dovrebbero garantire una migliore interazione tra studente e strutture, un rapporto ravvicinato studente-professore (grazie al numero limitato)….e quant’altro.  

    Pratica: partiamo dal fatto che, nonostante pochi lo dicono, qualsiasi scelta fatta in ambito universitario non si discosta da quelle prese in ambito “pubblico/statale/politico”. Credetemi, la didattica è l’ultima cosa. I presidi “baroni” si affannano a chiedere soldi per la ricerca….quando è risaputo che in Italia la ricerca è affidata alla buona volontà di qualcuno che tira la carretta, e che ovviamente può fare poco.

    Detto questo il proliferare dei piccoli atenei, a mio avviso, ha solo come risultato incamerare più soldi da parte di qualcuno che sventola la bandiera della ricerca,  o succhiare soldi allo stato  grazie alla scandalosa legge che assegna soldi agli atenei in base al numero dei laureati. Quindi in pratica si è assistito al crescere di “diplomifici”, il cui unico intento è sfornare laureati che, manco a dirlo, hanno una preparazione imbarazzante.

    Oltre ad apportare un danno economico alla nazione che deve mantenere queste strutture “Udeur” (ovvero qualcosa di cui si poteva fare volentieri a meno), si infligge un danno indiretto ancora maggiore.

    Inoltre, complice la disastrosa riforma del 3+2 (uguale zero, direi…),  si è contribuito ad abbassare il livello dei nostri laureati. Non ci nascondiamo che ci sono tanti laureandi e laureati che in un sistema scolastico serio non avrebbero neanche dovuto finire le scuole superiori. E invece ce li troviamo a ingrossare e intasare gli atenei, e a far aumentare “l’offerta” di laureati sul mondo del lavoro, che è già di per se spoporzionata rispetto alla domanda. 

    Non dico che dai grandi atenei venga fuori solo il meglio, non fraintendetemi…..ma sicuramente in molte piccole università ormai si laurea veramente chiunque si iscriva…..

     

    Buona giornata 

    1. Cinzia

      Corvo, hai ragione.
      Non saprei dire se dipende dalle dimensioni dell’ateneo di provenienza, ma – a meno che non si esca dalla Normale di Pisa – il livello di preparazione e cultura dei laureati a partire dai “gloriosi” anni ’60 (dal 1968 in poi) è andato vertiginosamente precipitando di anno in anno. Per non parlare della riforma del 3+2 che ha contribuito significativamente ad accelerare la caduta libera…
      Gente che si fregia del titolo di “dottore”, ma si ostina a parlare all’imperfetto pur di non arrischiarsi nell’insidioso uso del congiuntivo…
      E’ sacrosanto il diritto all’istruzione per tutti, obbrobriosa l’indiscriminata distribuzione di titoli accademici a destra e a manca senza un minimo di selezione meritocratica.

      1. pasquale...

        ciao corvo e cinzia,secondo me il 3+2 non può aver fatto ke del bene,perchè oltre

        a garantire la sicurezza di una laurea nel caso in cui non si voglia continuare gli studi arrivati a metà percorso(cosa molto frequente),ci permette di avere una istruzione accompagnata da un certificato ad una età in cui i ragazzi hanno tanta voglia di costruire qualcosa,come succede nelle altre università  europee.Infatti ricordiamoci come,è vero ke gli universitari di un tempo ricevevano una preparazione (per gran parte teorica) eccellente,ma è anke vero ke lo studente usciva dall’universita in una età di molto superiore ai 30 anni;etàin cui ci si dovrebbe costruire una famiglia,senza soldio o persino pieno di debiti

        1. vince_ditaranto

          Ciao Pasquale,

          permettimi di dissentire con una parte delle tue affermazioni…….

          E’ assolutamente vero che il “vecchio ordinamento” andava svecchiato perchè allungava molto il tempo di laurea e dava un taglio molto teorico….su questo non ci piove……ma la soluzione scelta è davvero disastrosa, abbi pazienza!!!

          Ho confrontato i programmi……le prove di esame e il taglio delle lezioni è penoso…..il livello medio è stato disastrosamente abbassato…..scusa se uso toni così forti, ma a mio avviso è un dato così palese che non può essere presentato come una leggera sfumatura.

          Inoltre voglio sfatare questa leggenda dell’avvicinarsi ai sistemi europei…….

          Parti dal fatto che l’Italia ha cambiato metodo non pensando allo studente (aprite gli occhi…ai giovani non si pensa mai…è sempre, purtroppo, un questione di soldi) ma pressata dall’Europa sulla percentuale bassa di laureati rispetto agli iscritti. Quindi rispsta classica italiana ad un problema: non si cerca di capire dove sono i problemi, di riformare davvero strutture e programmi gurdando al ragazzo, al mercato….e quant’altro……..i geni hanno pensato, rendiamo tutto più facile e via così!!!!

          Sulla questione delle università europee, devo ancora dissentire con te. In Europa si possono fare lauree brevi perchè le scuole superiori sono fortemente improntate alle università…..fanno in modo di dare una preparazione adeguata e specializzata, quindi tre anni possono bastare per dare una minima preparazione.

          In Italia scuole superiori e università hanno una scollatura incredibile, tutti devono in qualche modo ricominciare da capo, o addirittura rimouvere nozioni sbagliate o assemblate in malo modo. La riforma avrebbe avuto un senso se si fosse creata una sinergia tra tutte le tappe di un persorso di studi…..non si può pretendere ogni volta che un palazzo traballa di mettere in ordine solo l’ultimo piano….sperando che il prossimo problema si verifichi il più tardi possibile.

          La verità è che chi mette mano alle riforme scolastiche e universitarie non ha la più pallida idea di quello di cui si sta occupando.

          Buona giornata

           

           

        2. Mr. Ice

          Per valutare attentamente il 3+2 bisogna capire il perchè sia stato introdotto. Il problema era la lunghezza media del tempo di laurea? Allora il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento ha solamente peggiorato le cose. Non ne parliamo poi quando si parla di facoltà a numero chiuso: se per esempio per iscriversi alla specialistica a numero chiuso è necessario (previo superamento del test d’ingresso) laurearsi entro novembre, sforare anche di un giorno vuol dire automaticamente perdere un anno (a costo di cambiare indirizzo o addirittura città) ! 

          (Tengo a precisare che io cmq rimango uno dei maggiori sostenitori della politica del numero chiuso, in quanto è semplicemente ridicolo (parlo per esperienza personale) accalcarsi in 700 (tra posti disponibili, scale e posti forzatamente “in piedi”) in un’aula (peraltro grande) della più importante facoltà di Scienze Politiche d’Italia per seguire una lezione di Sociologia.)

           

          Ordunque, tornando al discorso, la politica del 3+2 era orientata a ridurre il tempo medio di laurea? Stando allo studio effettuato dall’ateneo bolognese in un libro-indagine (concessomi dalla facoltà presso cui ho svolto part-time universitario) l’obiettivo principale era proprio quello. Secondo loro effettivamente c’era riduzione del periodo medio di studi (ma si parla sempre a livello di ateneo bolognese, quindi il discorso è molto circoscritto), ma tuttavia vi era aumento delle persone che abbandonavano gli studi stessi.

           

          Tutto ciò per dire che per valutare l’efficacia del 3+2 vanno analizzate le motivazioni che ne hanno indotto l’introduzione.

           

          Personalmente ritengo il problema più importante del 3+2 un altro: l’inutilità della laurea triennale a livello di immediata fruibilità di lavoro.

           

          Tornando invece al discorso del paragone tra diversi poli universitari: l’offerta formativa conta molto (ed è indubbio che si possano trovare parecchie disparità da polo a polo), ma un altro aspetto fondamentale, al giorno d’oggi, è il collegamento facoltà-studente. Faccio un esempio: il sito internet della facoltà di Scienze Politiche di Bologna (o per esempio della facoltà di Psicologia di Padova, tanto per far due nomi) sono un must in Italia riguardo al rapporto ateneo-studente. Rendono praticamente inutile la funzione svolta dalla Segreteria Studenti in loco, in quanto il sito è in grado di rispondere alla quasi totalità delle richieste studentesche. E’ invece mai possibile che uno studente di Ingegneria di Bari (sempre esempi a caso) che magari si trovi momentaneamente a Monte sia costretto ad andare DI PERSONA in facoltà per iscriversi ad un esame o sia costretto a fare i salti mortali per procurarsi uno statino d’esame (qui ne avrò visti 2-3 in 4 anni)? E’ possibile che si perdano statini con il rischio di annullare ingiustamente esami? E’ possibile che per pagare la rata semestrale di iscrizione all’ateneo sia necessario fare tre ore di fila allo sportello di facoltà quando altrove basta un bonifico bancario? E’ possibile avere aule che prevedono grandi capienze ma al tempo stesso non hanno MICROFONI ADATTI a che la voce del prof giunga chiara a tutti?

           

          Cercare di rispondere a ciò ci aiuterà a capire perchè magari un ragazzo neo diplomato decida di emigrare verso poli universitari si “lontani dal suolo natio” (tengo a precisare: in ogni caso ben venga la rottura del cordone ombelicale che ci collega ai genitori; l’esperienza prima o poi VA FATTA) spendendo anche qualcosa in più che altrove a livello di “costo della vita” ma guadagnandoci ampiamente a livello di organizzazione globale. Questo discorso non va preso ovviamente dal punto di vista “generico” della cosa, ma va adattato ad ogni singolo contesto (traduco: ad ogni tipologia di facoltà). Se uno ha la possibilità economica di scegliere, perchè mai non dovrebbe effettuare la scelta QUALITATIVAMENTE migliore? E’ la teoria della scelta razionale, my friends, in questo preciso campo valida + che mai…

  2. Cinzia

    Io ho frequentato la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere a Bari e non ho esperienza, neanche indiretta, dell’Università della Basilicata.
    La mia avventura accademica è stata contrassegnata dai pregi di una facoltà a misura d’uomo e dai difetti che purtroppo non consentono a Bari di diventare un grande ateneo, pur essendo un ateneo grande.
    La maggior parte dei docenti che ho seguito, oltre ad essere preparata, era anche appassionata alla materia di insegnamento e tale passione riusciva a trasmetterla anche a noi studenti.
    Tuttavia ho dovuto pagare caro quel gap rimasto incolmato tra mondo universitario e mondo del lavoro. Quando ho cominciato a lavorare (in una società americana che ha una filiale a Pisticci), ad un mese dalla laurea, sono entrata nel panico totale perchè sapevo fare citazioni di Shakespeare ma se mi trovavo a rispondere ad una telefonata dal Texas, … panico!!!
    E questo perchè la mia facoltà è sempre stata troppo teorica. Nonostante le ore (anche tante) settimanali di conversazione e grammatica con i lettori madrelingua, l’inglese appreso all’università e quello parlato in azienda sembravano distanti anni luce.
    Riguardo gli atenei piccoli (di dimensioni), non avendone avuto esperienza diretta, non vorrei pronunciarmi. Fatto sta che confrontando i miei “programmi” con quelli di atenei più piccoli… beh, c’erano evidenti differenze. Questo non implica una peggiore qualità delle università “minori”, ma certamente una differenza notevole nella mole di lavoro e di impegno.

  3. Raf

    Devo concordare ancora una volta con corvo e cinzia.
    Ametto gli aspetti positivi delle univerità piccole, primo tra tutti quello di trattenere i giovani nella propria regione. Anzi le regioni del sud dovrebbero investire su questo (come tra l’altro sta facendo la basilcata).
    Però ci sono due problematiche già messe in luce da cinzia e corvo:
    1) la mancanza di competitività intrinseca ad un sistema piccolo. per cui inevitabilmente il livello medio di preparazione tende ad abbssarsi automaticamente
    2) volontariamente le piccole università tendono a lureare più persone, non solo per ottenere più risorse (coe diceva corvo) ma anche per accrescere il numero degli iscritti.
    Risultato: stanno avicinando la % di laureati a quella dell’europa, ma la qualità dei laureati? e l’assorbimento nel mercato?
    Quest’ultimo ormai è talmete saturo che molti laureati fanno il lavor che prima faceva tranquilamente un diplomato e lo fa a un costo minore!
    A me sembra che questi piccoli atenei o “superlicei” – come li chiama qualcuno – alimentino questo per il solo fatto di “svalutare” la laurea.
    In più c’è il 3+2. Pasquale dice che si ha la sicurezza della laurea, si, ma di una laurea svalutata. E’ come se si raddoppiano gli stipendi a tutti ma si dimezza il potere d’acquisto della moneta.

  4. anycamy

    Concordo pienamente con corvo e cinzia ma vorrei porre all’attenzione un fenomeno che secondo me il 3+2 ha innestato: la crescita esponenziale di corsi master, master universitari, corsi specialistici, corsi di perfezionamento e corsi di alta formazione che secondo me non è da sottovalutare. Servono forse per sopperire alla scarsa preparazione delle università? Servono forse per sfornare stagisti da far lavorare qui e la senza giusta retribuzione? Servono forse a far incassare un mocchio di soldi a chi li organizza? La domanda nasce spontanea e chiedo scusa per la mia enorme ignoranza: ci sono organismi preposti al controllo della qualità di tali master? Visto che sono di solito master dai costi quasi inacessibili e dai risultati molto scarsi (non tutti sia ben chiaro). Credo proprio che la riforma 3+2 a qualcuno abbia fatto comodo pensate un po a chi 😕

    1. Wiseman

      scusatemi l’intromissione,sicuramente sono il meno titolato a parlare dell’argomento,vorrei dire che, secondo me, non è solo questione di dimensioni,molte risposte erano nella trasmissione di rai3 di ieri sera, w l’italia diretta, qualcuno l’ha vista?

      1. vince_ditaranto

        Ciao Wise, non sei fuori dal coro……non stiamo dicendo che il problema dell’università italiana è solo il “piccolo” ateneo: ma soltanto che, ai problemi già enormi e comuni a tutte le università, i piccoli centri, a nostro avviso, ne sommano altri e vanno ad incidere sullo scenario universitario nazionale in maniera spesso negativa.

        Cmq, grazie per il consiglio, andrò a ricercare la puntata di ieri sera.

         

        Buon pranzo

    2. titus

      So che uscirò sicuramente dal tema proposto Ma è troppo e Troppo…..
      Sapete che con la riforma universitaria molti atenei o presunti Tali…Vedi Istituti universitari Parificati….
      Con i crediti Lavorativi o con l’esperienza lavorativa accumulata da una persona…. trasformano il curriculum in crediti… ed eliminano esami…..
      Alla faccia di chi come Molti di Noi Ha fatto sacrifici è ha passato ore e ore sui testi universitari e a lezione per sostenere un esame….
      Questo sistema non Lo trovo giusti ed etico, perchè formalmente Questi DOTTORI ORA MAI SONO PARIFICATI Ha chi ha conseguito il titolo Accademico eseguendo il percorso UNiversitario….
      Secondo Me Questa laurea presa con il gratta e vinci dove paghi è LAUREI LA TUA PROFESSIONALITA’ doveva servire unicamente per dre un titolo e basta ….per come è stata fatta è un’offesa autentica a chi se lè meritata veramente.
      Chiedo scusa se sono andato fuori tema….

      1. Ape Maya

        Devo dire che questo argomento mi ha preso sin dall’inizio. Ho letto tutti i commenti passo dopo passo, con la tentazione di intervenire anch’io. Non l’ho fatto semplicemente perché è un tema così vasto che affrontarlo risulta difficile. Ogni volta pensavo a un post completamente differente da quello precedente e così ho lasciato stare. Però uno sfizio me lo devo togliere, anche ora che all’argomento si è tolta l’attenzione: commentare un attimo la riforma 3+2.

        I commenti pubblicati contro la 3+2 sono stati fatti da persone che si sono laureate col vecchio ordinamento: non sono da biasimare più di tanto. Mi sembra giusto, però, che si senta anche la voce di chi segue il nuovo ordinamento.

        Parlo ovviamente per il mio corso di laurea, in Filosofia, non entro nel merito delle altre facoltà. é vero che gli esami prima erano più consistenti nel programma, la differenza si nota. Non posso commentare il tenore delle lezioni, perché non ho avuto modo di confrontarle. Tuttavia devo dissentire fortemente con Titus quando afferma che “eliminano esami”: NON è VERO!! Anzi, sono aumentati! Mentre prima c’erano i mattoni da studiare per ogni esame, però gli esami non erano molti, adesso i programmi sono più snelli, diciamo, ma si sono inseriti tanti esamini che ti fanno slittare facilmente i tempi se non reggi il passo. Secondo me a livello di fatica non è vero che il vecchio ordinamento era più arduo. Se prima il problema era il programma, adesso è il tempo. Devo segnalare inoltre l’aggiuntiva difficoltà che si può riscontrare a Bari rispetto al nord: le università altrove prevedono esoneri ed esami scritti che a Bari, in Ateneo, non vengono ancora utilizzati. Di conseguenza, bisogna fare ogni volta l’esame orale, con tutta la serie di aggravanti da stress psichico, quali il dover affrontare tutte le volte un prof diverso per il colloquio, invece di eliminare questo processo facendo l’esame scritto. Inoltre, altro fattore da prendere in considerazione è il fatto che, in fin dei conti, o almeno secondo la mia esperienza, quei crediti attribuiti agli esami non rispecchiano effettivamente il lavoro che quell’esame richiede. Ci si ritrova così a dover fare esami da 4 crediti con una mole di lavoro e una difficoltà pari a quella degli esami da 8. Ultima cosa, con cui voglio rispondere a Pasquale: non è affatto vero che si abbiano possibilità lavorative solo con la laurea triennale, in modo da non dover intraprendere nuovamente i corsi per la specialistica. Che io sappia, da Ingegneria a scienze politiche e tutte le facoltà dell’ateneo, solo con la triennale è come stare al punto di partenza. Riassumendo: sono 5 anni di studio, un anno in più rispetto a prima, con più esami e più possibilità di uscire fuori corso. Quindi non vedo tanta facilità, come voi dite. A meno che non si facciano gli esami uno dietro l’altro con la media del 18, quello sì. Allora potrei essere d’accordo con voi. Ma per chi vuole conseguire il massimo, è una gran fatica. A questo punto si dovrebbero fare distizioni non appena si entri nel mercato del lavoro. Per la serie, offrire subito un posto di lavoro a chi si laurea con 110 e lode, e via via scalando. Allora sì che la meritocrazia avrebbe senso e ci sarebbe più competenza. Ma si fa così al momento???

        1. titus

          Ape non mi sono spiegato bene…
          Io non mi riferivo agli esami o cirsi di laurea della 3+2 di chi è in corso LEGALE ovvero ragazzo/a che s’iscrive all’universita segue le lezioni e poi fa gli esami….
          Io mi riferivo al sistema che utilizzano, chi s’iscrive all’università e qualifica la propria professione con il curriculum vite …Vedi CEPU… in base a ciò che vi è scritto o ke possono “Dimostrare” gli scalcolano gli esami o danno dei crediti….
          Per me questa è una truffa legalizzata bella e buona…

  5. vale461mito

    c’è chi a scuola viene per riscaldare il banco, chi per perdere un po di tempo e chi per fortuna ci va per studiare e imparare.

    credo fermamente che la scuola italiana non sia all’altezza non dico degli states ma almeno delle altre nazioni europee, siamo indietro punto. Ma la cosa che più mi da fastidio è che non si fa nulla per migliorare anzi sembra che si cerchi di peggiorare la situazione.

    la cosa non è solo degli studenti ovviamente, ma anche e soprattutto dei docenti eggià i cosidetti “professori” hanno il loro bel fardello di colpe; sono pochi anzi pochissimi quelli che ti fanno appassionare alle materie che spiegano e sono tanti, tantissimi quelli che vengono a scuola senza essere preparati e per pigliarsi lo stipendio a fine mese. se pensiamo poi al fatto che le nostre “superiori” (superiori a cosa?) non ci danno una preparazione adeguata e che oggi nel nostro mondo tutto italiano tutti o quasi oramai arrivano all’università senza quella giusta convinzione, molti ci vanno per il pezzo di carta, e senza le competenze ed in + si ritrovano atenei che pur di farli laureare li fanno passare facilmente esami tosti allora le due cose portano ad avere tantissima gente con il pezzo di carta in mano che però non trova lavoro perchè almeno nel lavoro si richiede competenza, che però non c’è nonostante quel prezioso pezzo di carta.

     

    alla fine meglio andare ad “imparare il mestiere” altro che libri.

    ah per non parlare di un’ altra questione, il precariato, che porta quelle poche menti sane a avere lavori part time che non gli consentono nemmeno di comprarsi da mangiare e da vivere…siamo fortunati che oggi ci sono i trentenni che non si sposano e che stanno con mammà tra un po l’età salirà e li si che sarà un bel problema. Italia…un paese di vecchi e giovani senza lavoro eccoci qua…

  6. vince_ditaranto

    Ciao, scusate se intervengo ancora, ma il problema dell’università mi prende molto. Indubbiamente la questione è complessa, quindi si presta a divagazioni.

    Cerchiamo allora di rimanere sull’angolazione che ha voluto dare Cristoforo. Poi magari potremo allargare.

    Sono d’accordo con vale6unmito, sono considerazioni che sono comunque già emerse e del tutto generali. Vediamo di focalizzare una cosa per volta: parliamo di pregi e difetti dei piccoli atenei, paragonandoli ai grandi. Cercherei quindi di evitare di porre in risalto problemi che sono comuni ad entrambi.

    Voglio quindi invitare chi ha frequentato o frequenta una piccola università, magari proprio quella di Basilicata, a dire la propria, di modo che si possa capire cosa ne pensa chi ha cognizione di causa.

    Fatevi avanti quindi, magari chi ha frequentato i grossi atenei potrebbe intervenire per confutare o avvalorare le tesi proposte.

    Scusate per la presunzione di “voler direzionare” il dibattito, ma , ripeto, il problema mi sta a cuore. Credo che sia di fondamentale importanza.

     

    Vincenzo

     

    Buona serata 

    1. nano

      vorrei spezzare una lancia a favore dell’Università di Basilicata!: Sì, non dispone di spazi adeguati , è carente di personale, non è idonea alle attività che si svolgono,………ma la materia prima ce l’ha: i docenti e gli studenti! ed entrambi questi elementi non dico che bastino e nè che possano far funzionare una Università, ma le possono dare un valore!

      gli studenti ed i docenti io credo che, in qualsiasi Università ti trovi, siano uguali! quuindi non credo che un piccolo polo Universitario possa fare la differenza su questo!

      purtroppo l’Università di Basilicata porta un fardello pesante: è nata come strategia politica per accaparrare voti! ma noi che la frequentiamo ci crediamo e lottiamo affinchè siamo riconosciuti per quello che siamo: una UNIVERSITà!!!!!!

      ok , forse seguiamo una fila più corta dietro le aule docenti ma non per questo abbiamo più probabilità di superare un esame!

      anzi vi comunico che quelli che si laureano in corso, almeno per quanto riguarda il corso di Ingegneria, si contano sulle dita di una mano! e per passare esami come analisi1 e2 e scienza  e tecnica delle costruzioni ci vuole ……….. il tempo che ci vuole!!!!

      io credo che la differenza delle facoltà la fanno i soldi che ci entrano e come vengano investiti, e che quindi le fanno assumere un certo prestigio o meno, una certa pubblicità e un certo nome!!   un politecnico di Milano, in cui si pagano fior di quattrini per entare, si riguarda bene da avere studenti fuori corso!! per la cronaca a Matera abbiamo tra i docenti anche l’arch. Esposito, docente a Milano, che ci ha confessato, almeno per quanto riguarda il suo corso, di scoprirci più bravi dei suoi alunni di Milano!!!!!!!!!!

       

       

      sempre per non allontanarmi dalle domande che si è posto cristoforo, io credo che se un ragazzo decida che sia arrivato il momento di stirarsi le camice da solo, lo può fare ! nessuno gli impedisce di prendere casa con degli amici e magari rendere la sopravvivenza tipica del 1°anno di università meno traumatizzante e complicata!!, dal momento che si trova un pò più vicino a casa!!

      e poi chi frequenta l’Università di Basilicata, solo i montesi sono pedolari, e non tutti, mentre  tutti gli altri prendono casa! ah, i pugliesi che frequentano il polo di Matera sono tutti pendolari: e sì, prima denigrano la città di Matera, però poi ci pensano bene prima di andarsi a tuffare nella giungla della città barese!!

       

       

      1. Art

        Premettendo che il Politecnico di Milano è un’università pubblica come quella di Basilicata e che non ho alcuna conoscenza relativa alle attività didattiche dell’Università di Basilicata, Nano, mi spieghi che cosa spinge le aziende molto meritocratiche quali le società di consulenza, di informatica, ecc. a scegliere la maggior parte dei propri “dipendenti” dai Politecnici di Milano e Torino? Un esempio su tutti: il 50 % dei consulenti McKinsey sono ingegneri; l’80% di questi proviene dai Politecnici. Ci sarà una ragione se la società più meritocratica al mondo ha deciso di attingere al Politecnico di Milano anzichè all’Università di Basilicata. Infine, non credo proprio che un professore vada a tener lezione in una classe e dica “siete scarsi! I miei allievi del nord sono più bravi”! Vorrebbe dire avere tutta una classe contro con conseguente difficoltà nel tenere lezione e poi come tu mi insegni siete voi allievi a dargli lo stipendio!

        ps: amo la Basilicata!

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