Lettera aperta del “ pazzo attentatore “ del 21 agosto 2009

Dopo giorni di tormento interiore, un cittadino italiano, che intende mantenere l’anonimato, per quanto attiene il nome e cognome, ma noto a tutti come “ il pazzo “ come “ colui che ha bevuto “, “ colui che merita l’ergastolo “, intende scrivere una lettera, non per discolparsi, (non ha commesso alcun reato) ma semplicemente per evidenziare il diniego, da parte della collettività, di diritti costituzionalmente garantiti e, pertanto, inviolabili. 

E’ la storia di chi, volendo rivendicare diritti attinenti la proprietà, è stato additato e braccato da tutta la comunità.

Tutto è iniziato, quell’ormai lontano, 10 o 11 agosto 2009, quando è stato chiesto a chi di competenza, di abbassare , di qualche centimetro, quel cartellone pubblicitario collocato in prossimità di un balcone di una casa adiacente l’ufficio postale, in occasione delle festività patronali. Dopo rassicurazioni su quanto chiesto, sembrava che “ il problema “ fosse stato risolto. Ma l’incubo, ancora perdurante, inizia la sera di quel 21 agosto, quando la piazza montese era gremita di gente intervenuta per assistere al tradizionale concerto post-san rocco. Il cittadino in questione si recava presso l’abitazione precedentemente  descritta  e si affacciava sul balcone. Dopo un diverbio con l’addetto al cartellone pubblicitario, tutti urlavano ed inveivano “ sta tagliando i fili “, “ ucciderà tutti “.

Accusato di aver attentato alla vita di molteplici persone, prelevato dalle forze dell’ordine e condotto in caserma senza verifica preventiva della fondatezza delle accuse, era sembrato per un attimo di stare in una piazza di una qualsiasi città del    ‘600, quando la folla, spinta da stupide superstizioni, conduceva al rogo chi era accusato di stregoneria.

Tornato alla realtà, ci si rendeva conto di stare nell’unica piazza di Montescaglioso ed, additato da tutti, si chiedeva “ sono stato vittima di stupida demagogia o piuttosto del basso livello culturale di chi si arroga un potere inesistente?

 

 


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4 Commenti

  1. tm

    ciao barkilka ti do il benvenuto su monte.net ed intanto ti chiedo scusa per essermi lasciato prendere quella sera anche io dalla stupida frenesia di chi senza alcuna ragione e spinto solo dalla volontà ipocrita, piazzaiola e forcaiola si erge a giudice e esecutore di sentenze.

    tonino ditaranto

  2. Cristoforo Magistro

    Anche se ignoro il preciso svolgimento dei fatti, la vicenda raccontata da Barkilka mi pare verosimile e meritevole di attenzione.
    Se le cose sono andate così, esprimergli solidarietà è il meno che si possa fare su un sito che si propone, mi pare, di “fare comunità”. Ciò non lo risarcirà dal “tormento interiore” e dall’essersi sentito braccato, ma, forse, lo aiuterà a capire meglio di chi e di cosa è stato vittima.
    Voglio dire che non è stata la comunità, ma la folla e la piazza a – Ferrara dixit –. “mostrizzarlo”. Sono entità diverse come è facile capire. Purtroppo è pur vero che è sempre più la folla che si fa sentire, mentre la comunità appare dispersa e sfiduciata circa la stessa possibilità di ritrovarsi in un “idem sentire” come direbbe Bossi, l’altro grande pensatore dell’Italia attuale.
    Ciò che è grave è che l’episodio si sia manifestato in presenza della statua di San Rocco, il santo preposto alla protezione dalle epidemie e come tale venerato in tutti i paesi che ne sono stati colpiti.
    Potrà San Rocco proteggerci anche dal contagio del conformismo isterico?

    1. tm

      Grazie Cristoforo per aver raccolto la lancia, chiaramente le mie scuse a Barkilka erano una provocazione dal momento che non ero neanche presente all’episodio e speravo che qualcuno rilanciasse per poter finalmente aprire una discussione su tutta una serie di pregiudizi e comportamenti che spesso e volentieri attraversano la nostra comunità e come dice sempre Cristoforo ci porta a "mostrizzare" delle persone solo perchè il tam tam del passa parola ingigandisce a dismisura dei semplici fatti fino a farli divenire delle vere e proprie telenovele da far invidia a terra nostra o a dinasty.

      Una volta si dice ci fosse a Monte il passo del Giacobbe individuabile nel pezzo di corso Repubblica compreso ta la farmacia comunale e il bar Italia dove stazionavano di sera gli antichi artieri montesi dai sarti ai calzolai e a quanto pare tutte le persone che passavano erano sottoposti a delle vere e proprie operazioni di "TAGLIO E CUCITO", ora il passo del Giacobbe si è esteso aimè ad ogni angolo di monte, in qualunque posto trovi sempre qualcuno e non più i cosiddetti artieri pronto a ritagliarti  e a confezionarti abiti su misura.

      "CI JE’ PUTTAN? RUSINA MOT’L" era un vecchio detto di monte, be nonostante sono trascorsi decenni e il livello culturale delle nostre generazioni è notevolmente aumentato i pregiudizi sono rimasti gli stessi e si è sempre pronti e ben disposti a guardare la cosiddetta pagliuzza negli occhi degli altri senza accorgersi della trave che sta nei nostri occhi.

      ciao tonino

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