RICORDI- sapori e gelati

….Il camino sempre acceso sia d’inverno che d’estate, in un
angolo sul trepiede il pignatello sempre pieno e appesa alla
camastra la casseruola dell’acqua bollente pronta per cuocere
 la pasta o semplicemente per impastare il pane che le nostre
madri "trombavano" di notte per portare al forno di Giovanni il
fornaio alle prime luci dell’alba.
    Era sempre all’alba che cominciava il suo giro un altro
Giovanni, " U SCETTA BANN" il banditore che con la sua
trombetta squillante e con la voce che si udiva dai quartieri
vicini infomava il paese dell’arrivo del pesce fresco o di qualche
assemblea alla camera del lavoro.
Il silenzio era spesso interrotto durante la giornata dalle grida di qualche venditore ambulante che girando per le stradine del
quartiere proponeva recipienti di plastica, pettini, candele e
quant’altro in cambio dei capelli raccolti dalle donne quando
si pettinavano o anche di qualche fondo di olio rimasto nelle pigne.
    A noi ragazzi però l’urlo che interessava maggiormente era
quello di "Mest’Andonio" il gelataio.
    "Gelatti, gelatti" echeggiava per l’intero quartiere l’urlo di
"Mest’Andonio" che aveva fermato il suo vecchio apecar all’incrocio tra largo porta schiavoni e via S.Nicola, mentre noi tutti ragazzini
ci affrettavamo a correre verso quel motocarro dove
uscito dalla cabina del suo mezzo senza sportelli, aiutato dalle sue
crucce era riuscito a salire sul cassone pronto a dispensare
squisiti gelati alla crema o al cioccolato per la modica somma
di cinque lire.
    "Mest’Andonio" era un uomo a cui, non so se per un incidente o perchè cosi dalla nascita, mancavano entrambe le gambe al
posto delle quali aveva due protesi completamente smontabili
che spesso adagiava sulle spalle. Nonostante il suo evidente
impedimento fisico era stato costretto a lavorare sodo per tutta
la vita per tirare avanti la propria famiglia anche in considerazione
del fatto che non gli era stata riconosciuta una pensione di
invalidità, cosi quando non lo si vedeva intendo a riparare biciclette
nel suo piccolo laboratorio all’uscita del paese sulla strada di
Matera lo si incontrava durante i mesi più caldi in giro per il paese
a vendere gelati. Si racconta che una volta si era ribaltato con
il suo apecar e le persone accorse per i soccorsi si erano messi
le mani tra i capelli trovandosi di fronte ad un groviglio di gambe
che non si capiva da che parte fossero messe, e lui per nulla
preoccupato si rivolse ai malcapitati avventori invitandoli ad
essere meno stupiti e a passargli una chiave da tredici.

    Si era recato finanche a Roma facendo tutto il percorso con la sua carrozzella alla qualeaveva applicato di persona un motorino,
ma non c’era stato nulla da fare, a queitempi la pensione di
invalidità era riconosciuta solo per gli invalidi di lavoro o per
invalidi di guerra, cosi che al povero "Mest’Andonio" non
rimaneva altro da fare che continuare a lavorare.


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