Ha vinto Berlusconi

Volendo si può anche tirare in ballo il destino “cinico e baro” di saragattiana memoria per spiegare come è potuto accadere che una vittoria annunciata come quella del Pd sul Pdl, si trasformasse per il partito che dovrebbe vantare fra i suoi ideali padri fondatori Antonio Gramsci nel disastro senza fine cui stiamo assistendo. Ed effettivamente tanti fatti inaspettati hanno deviato quella che sembrava, dopo le lacrime e sangue del governo Monti, la prevista traiettoria elettorale degli italiani: la discesa in campo dello stesso Monti, il discredito improvviso di movimenti come quello guidato dallo pseudo economista Oscar Giannino che avrebbe dovuto erodere voti a destra, la comparsa di liste come Rivoluzione Civile che ha tolto voti a sinistra ma non ha raggiunto il quorum, l’eterna credulità di una parte degli italiani nei confronti di Berlusconi ed infine la dimensione inaspettata del successo del Movimento Cinque Stelle.

Scontata l’amarezza per il risultato assai diverso da quello atteso, ci si sarebbe aspettati dal Pd un bagno d’umiltà, un’autocritica per dirla all’antica, e soprattutto un guardarsi francamente negli occhi e nelle coscienze per decidere il da farsi nei successivi appuntamenti.

Dopo averli snobbati e sottovalutati si è tentata una trattativa con i grillini, umiliante nella forma e arrogante nella sostanza, un chiedere senza dare nulla in cambio. Perché ad esempio non s’era loro offerta la presidenza di una delle due camere?

Intanto dall’interno dello stesso Pd emergevano proposte di partito decisamente interessanti. Penso a quella di Fabrizio Barca, un partito incentrato sulla “mobilitazione cognitiva”, un manifesto se non del “ ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”, di ciò che sarebbe stato meglio non essere più.

 «Serve un partito che torni, come nei partiti di massa, a essere non solo strumento di selezione dei componenti degli organi costituzionali e di governo dello stato, ma anche “sfidante dello stato stesso” attraverso l’elaborazione e la rivendicazione di soluzioni per l’azione pubblica. Serve un partito che realizzi questi obiettivi sviluppando un tratto che nei partiti di massa tendeva a rimanere circoscritto alle “avanguardie”, ossia realizzando una diffusa “mobilitazione cognitiva”».

2) Per essere più credibile ed efficace come “sfidante”, «il partito nuovo sarà rigorosamente separato dallo stato, sia in termini finanziari, riducendo ancora il finanziamento pubblico e soprattutto cambiandone e rendendone trasparente metodo di raccolta e impiego, sia prevedendo l’assoluta separazione fra funzionari e quadri del partito ed eletti o nominati in organi di governo, sia organizzandosi in modo da attrarre il contributo di lavoro (volontario o remunerato) di persone di buona volontà per periodi limitati di tempo, sia stabilendo regole severe per scongiurare ogni influenza del partito sulle nomine di qualsivoglia pubblico ente».(Cfr. Salvatore Vassallo inhttp://www.europaquotidiano.it/2013/04/12/ma-il-partito-di-barca-e-un-ibrido-tra-il-pci-e-il-m5s/).

 

Mentre sembrava che il Pd potesse ripensarsi sulla base di proposte rifondative come questa, è venuta fuori la decisione di votare per Marini come presidente della Repubblica.

Malgrado le obiezioni di molti, la proposta è stata messa alla prova ed è fallita al primo scrutinio.

Cosa è poi avvenuto per portare all’inversione di rotta avutasi con la candidatura Prodi? E soprattutto come mai tutti l’hanno acclamata per poi rinnegarla nel segreto dell’urna?

Da dove è partito il “fuoco amico” contro l’unico esponente di sinistra capace di ridimensionare il berlusconismo senza fare tanto teatro?

E perché, infine, non accordarsi su Rodotà?

La parola traditori è di quelle che fanno male. Nel 1951 due dirigenti comunisti di Reggio Emilia, Aldo Cucchi e Valdo Magnani, osarono criticare Togliatti per la sua acquiescenza verso Stalin e subirono un linciaggio morale senza fine. Ai giorni nostri sono stati 101 i “traditori”, uno su quattro dei convenuti.

Se le primarie hanno dato questi risultati, è meglio lasciar perdere. O, meglio, bisognerebbe chiedersi: come sono state fatte le primarie?

Adesso tocca ancora a Giorgio Napolitano, il vecchio pontiere del Pci, cercare una soluzione di compromesso. Come farà ad obbligare i partiti a fare una seria riforma elettorale se ognuno vorrà farla come più gli conviene?

 Di mediazione in mediazione, di compromesso in compromesso, l’importante è non allontanarsi mai dalla linea grigia del moderatismo e della continuità. E avere sotto mano un eversore di comodo su cui scaricare la colpa: ai giorni nostri c’è Grillo, il gioco può continuare.

Sono amareggiato.


Commenti da Facebook

13 Commenti

    1. Francesco Lomonaco FL

      Sarebbe come dire che il PD  ha due anime di cui una completamente avversa alla “filosofia” dell’uomo politico Rodotà.

      Sarebbe come dire che Rodotà non abbia carisma è dignità per fare il Bene del Paese?! Sarebbe come dire che Rodotà è ricattabile e sotto pressione dei Cittadini a 5 stelle?!?!

      Il PD avrebbe potuto votarlo dimostrando di avere capito il paese e la sua BASE!

      Bubbico è soggiogato dalla POLITICA POLITICANTE… Ha passato troppi anni fra le mura dei PALAZZI del POTERE… Crede che i Cittadini vogliano COSTRUIRE LA PROPRIA FORTUNA usando l’ANTIPOLITICA… Ma dove vive!

      Nonostante BUBBICO… Io credo che IL PD non sia ancora finito e possa fare molto…

      “… Per questo mi permetto di suggerire una diversa strada, che aiuti il Pd a recuperare coerenza e credibilità verso i suoi militanti, i suoi elettori e gli italiani che, magari confusamente, vogliono che si apra una nuova pagina della politica italiana. Il Pd indichi Stefano Rodotà come premier di un governo di salute pubblica con un programma che parta dagli otto punti di Bersani e ne concordi altri che vadano in direzione opposta alle sciagurate politiche seguite negli ultimi anni. Un governo politico, autorevole, con grandi personalità e di grande credibilità internazionale. Si potrebbe fare e avrebbe la maggioranza: lo dovrebbe perfino ammettere Bruno Vespa. Lasciate agli altri la responsabilità di dire no.

      Ma temo che il Pd non abbia questo coraggio. Diviso in fazioni peggio che il Libano della guerra civile, il partito democratico alla fine si accuccerà ai voleri di chi gli ha già imposto di digerire l’agenda Monti e tutte le controriforme e macelleria sociale connessa.

      Votate Amato, poi le parole di Bersani diventaranno il manifesto dell’incoerenza e dell’inaffidabilità: “Quello che sentiamo venire dal paese è un’esigenza di governo e di cambiamento, in termini ineludibili”. Oppure mostrate il coraggio che fino ad ora vi è mancato. Siete ancora in tempo….”  dal blog di Gianni Cipriani

  1. tm
    Una pagina buia e una bianca da cui ripartire
    Quando alcuni mesi fa, alla vigilia di una competizione elettorale che si preannunciava vuota di contenuti reali mi dichiarai per il non voto forse neanche io immaginavo lo psicodramma verso il quale ci stavamo avviando; il centro sinistra non mi convinceva, non mi convinceva il PD che non riusciva a dire chiaramente quali fossero le proprie intenzioni, non mi convinceva SEL che era approdata ad un accordo col PD solo per calcoli elettoralistici e per non rischiare di rimanere fuori dalle stanze dei bottoni, non mi convinceva Rivoluzione civile di Ingroia che appariva più come un cartello di vecchie glorie in cerca di posizioni che una vera e propria proposta di cambiamento e non mi convinceva soprattutto il Movimento Cinque stelle con le sue ambiguità e i suoi proclami privi di alcuna proposta politica reale. Ripercorrere le tappe degli ultimi due mesi dal giorno delle elezioni forse non serve a nulla anche perché basta avere la visione degli ultimi due giorni per ridarmi la convinzione ancora maggiore di aver visto bene e il non aver votato è stata la scelta più sensata almeno nel non rendermi complice delle pagliacciate cui abbiamo assistito. Oggi forse a ragione possiamo definire la giornata più buia di questa seconda Repubblica, il giorno in cui la farsa ha raggiunto limiti impensabili fino a qualche giorno addietro con la rielezione di Giorgio Napolitano a Capo dello Stato in una situazione paradossale in cui, mentre da una parte la partitocrazia non riusciva a trovare una via d’uscita, dall’altra si è palesato in tutta la sua interezza il progetto dei manovratori che da decenni tirano le fila e tramano alle spalle del popolo italiano. Si è capito finalmente come lo stesso Berlusconi, unico vincitore insieme a Grillo di questa partita, ha potuto fare e disfare in Italia grazie alla complicità occulta ma efficace di buona parte del Partito Democratico. Tutto è stato studiato a tavolino, fin’anche le bocciature di Marini e Prodi, senza le quali non vi sarebbero stati i giusti motivi per giustificare un Governo di larghe intese al popolo di centro sinistra che altrimenti non avrebbe capito. L’unica cosa non programmata forse la rielezione di Napolitano; doveva essere D’Alema il salvatore della Patria, ma come si sa il Massimo nazionale riesce sempre a cadere sulle trappole tese da lui stesso. Vendola a questo punto è costretto a fare un clamoroso marcia indietro rispetto alla coalizione di centro sinistra e puntare su Rodotà per limitare i danni di un accordo scellerato fatto col PD a scatola chiusa e per non essere travolto insieme ad esso dal furore popolare del popolo di sinistra a gran voce grida vendetta. Grillo invece dimostra di essere un abile tessitore di tela e sotto la regia di Casaleggio riempie il panorama politico di slogans (solo quelli) carichi di insulti e di una sfilza di no a qualunque possibilità di avviare un cambiamento reale che pure era possibile visto i numeri all’indomani delle elezioni. Come se non bastasse riesce a dare scacco matto al PD candidando a Presidente della Repubblica Stefano Rodotà che guarda caso viene proprio dall’area ex PDS e sul quale sapeva benissimo il PD non avrebbe mai fatto confluire i suoi consensi. Come calcolatore Grillo si è rivelato certamente più astuto di D’Alema e il PD con il suo ingenuo e a tratti presuntuoso Bersani è caduto nella trappola del Movimento Cinque Stelle come una pera matura. I grillini sia ben chiaro hanno sempre saputo e anche sperato che Rodotà non sarebbe mai diventato Presidente.
    Mentre tutto questo avveniva nelle stanze dei palazzi fuori invece è accaduto qualcosa che forse neanche i grillini si sarebbero aspettati: la ribellione del popolo di sinistra. Una ribellione non strumentale, non quella degli insulti e del tutti a casa, ma quella delle sedi occupate del PD, quella dei militanti che hanno subissato di messaggi i telefoni e le pagine face book dei parlamentari per esprimere  tutto il loro disappunto per un comportamento inqualificabile e incomprensibile. Questa ribellione è la vera novità di tutta questa vicenda, una novità positiva di un popolo, quello di sinistra che sa bene ciò che vuole e quali sono gli obbiettivi che intende raggiungere e che finalmente a capito che l’unico modo per poterci arrivare è quello di fare piazza pulita di un modello di partito e di una classe dirigente succube e complice delle caste e dei poteri forti. Sembrerà impossibile ma proprio nelle ceneri odierne della sinistra italiana si vede quello spiraglio di luce che ci può far ripartire. Oggi si è vissuto  la pagina più buia della nostra storia, ma se la voltiamo davanti a noi si apre una pagina bianca tutta da scrivere; la sinistra è ricca di un bagaglio di contenuti e di valori ideali che nessuno potrà mai violare; ripartiamo da essi e con essi cominciamo il cammino per scrivere insieme una nuova storia.
    1. vince_ditaranto

      Tonino perchè non ti proponi come opinionista in qualche talk show politico? Fico

      La tua lungimiranza è incredibile, che analisi lucida e soprattutto “di alto profilo”!!! Sorpreso

      Come ti avevo promesso non lascerò senza risposta le tue incredibili considerazioni politiche. 

      – Lasciamo perdere la parte patetica in cui reciti la liturgia che dietro M5S c’è la regia occulta di un uomo pericolosissimo (Casaleggio) che anche Lombroso aiuterebbe a bollare come persona poco raccomandabile, per poi passare alla litania di Grillo che insulta bla bla…..ma il massimo lo raggiungi con la seguente affermazione: Come se non bastasse riesce a dare scacco matto al PD candidando a Presidente della Repubblica Stefano Rodotà che guarda caso viene proprio dall’area ex PDS e sul quale sapeva benissimo il PD non avrebbe mai fatto confluire i suoi consensi. Come calcolatore Grillo si è rivelato certamente più astuto di D’Alema e il PD con il suo ingenuo e a tratti presuntuoso Bersani è caduto nella trappola del Movimento Cinque Stelle come una pera matura. I grillini sia ben chiaro hanno sempre saputo e anche sperato che Rodotà non sarebbe mai diventato Presidente. Ma veramente credi che M5S faccia tattiche e trappole? La prima vera proposta di M5S si incarna in una rosa di nomi di un certo tipo (tra nomi simbolici e nomi concreti) per il Colle e tu vedi trame, trappole sgambetti? Non ti passa neanche per il cervello che da queste persone avrai sempre proposte sensate e condivisibili? Cioè Rodotà per te è stato semplicemente un modo per mettere spalle al muro il PD? E il noto giurista si è reso complice di questo complotto magari? Certo che ne hai di fantasia! Ma quando si paleserà il vero disegno di Grillo Fico, il novello nazista fascista comunista? 

      – Tu vedi nella rivolta (l’ennesima accennata rivolta) della base del PD il segno del cambiamento? Beh, io me lo auguro anche perchè ho sempre detto che la base è sicuramente meglio della propria dirigenza. Ma non credi che sia un po’ tardino per protestare, contro chi poi? La dirigenza si è già fatta fuori da sola, contro chi protestano? Che hanno fatto in tutti questi anni, non è successo niente di diverso da tante storie passate. Durante l’elezione del PDR si è palesata (per l’ennesima volta) la natura litigiosa e arrogante della sinistra italiana, il cui pensiero si declina nelle deliranti parole di Scalfari su Repubblica: Rodotà non andava votato semplicemente perchè l’ha proposto Grillo (tra l’altro M5S fa le consultazioni on-line quindi Grillo non decide un cazzo mentre il PD tira fuori i nomi dalla sera alla mattina….), semplice ma illuminante come concetto. La buona politica deve essere una prerogativa solo loro e di nessun altro. Chiunque si proponga come il cambiamento deve essere screditato e isaolato altrimenti metterebbe in evidenza la loro pochezza, nonostante i “fedeli” parlano di contenuti e ideali. Si è visto gli ideali del PD quali sono.  Non credo ci sia stata figuraccia peggiore nella storia della Repubblica. 

  2. Cristoforo Magistro

    L’affossamento e l’immediato abbandono della candidatura Prodi e la rielezione di Napolitano non può che portare a un cosiddetto governo delle “larghe intese”. Credo che questo sia stato implicito nell’accettazione del nuovo mandato da parte di Napolitano.

    S’era detto che le trattative per il Quirinale e quelle per il governo avrebbero dovuto essere due trattative separate; dopo i flop di Marini e Prodi si è creato, secondo me artificialmente, un clima da stato d’assedio per giustificare nell’immediato lo strappo che si faceva inaugurando la prassi del secondo mandato per il Quirinale e far inghiottire fra qualche giorno all’elettorato di sinistra il dispiacere di un altro governo più o meno “tecnico” .

     

    Se all’elezione del presidente della Repubblica devono concorrere per quanto possibile tutti i partiti in modo che possa poi rappresentare l’unità del paese, perché tagliare fuori dalla sua scelta il partito che ha riavvicinato alla politica e alla partecipazione attiva tanti giovani e tanti delusi dai vecchi sistemi?

    Se “larga intesa” doveva esserci perché non farla con i 5Stelle su Rodotà? Non hanno avuto tanti voti in meno del partito-azienda Pdl . A parte questo, credo che nel Pd si sappia ancora bene che i voti non solo si devono contare, ma anche pesare.

    Piaccia o memo lo sgangherato movimento grillino rappresenta il presente e, se la sinistra continuerà su questa strada, forse anche il futuro, il Pdl rappresenta solo quello che si sperava di poterci liberare per sempre, cioè Berlusconi.

     

    Allego in pdf  “Il partito nuovo” di Fabrizio Barca. Vale la pena di leggerlo attentamente.

    Non riesco a inserirlo, chi è interessato lo può trovare sul sito de “L’unità”.

    1. ciffo

      Vengo in soccorso di Cristoforo, il documento di Fabrizio Barca è leggibile e scaricabile a questo link: UN PARTITO NUOVO PER UN BUON GOVERNO

      Mi è piaciuto leggere le parole di Cristoforo. Mi hanno sorpreso perchè i soliti elettori del PD con cui ho parlato negli ultimi giorni hanno fatto capovolte e impossibili arrampicate sugli specchi pur di giustificare l’ingiustificabile. Sento e leggo decine di uomini vicini al PD che, con zero onestà intellettuale, riversano le colpe dello sfascio sul M5S, parlano di tradimento di Vendola, suonano la riscossa per la risicata vittoria della Serracchiani. Arrabbiato

      Tutto cambia per rimanere uguale, a 2 anni dall’inizio della crisi stiamo ancora navigando a vista senza uno straccio di progetto per il futuro.

  3. Raf

    Nell’immediato dopoguerra molti partigiani si sentirono traditi dalla nascente Repubblica, perchè videro tradite le loro speranze rivoluzionarie. Ma stavano assistendo in realtà alla nascita di una Repubblica sulla base della convergenza di tutte le forze che avevano combattuto il fascismo. Tutte le anime positive del paese.

    Chissà cosa penserebbero oggi quei partigiani vedendo il maggior partito, erede di quegli ideali, fare un alleanza di governo con la peggiore destra della storia italiana dopo il fascismo…

    Anche io apprezzo l’obiettività di Cristoforo. Il PD non ha ascoltato per niente la domanda di cambiamento dei suoi elettori, e in generale, degli italiani. Il popolo chiede cambiamento e chi si propone come capo del governo? Letta, nipote del non plus ultra degli inciuci … La migliore garanzia della conservazione che potevano esprimere.

    Cambia tutto per non cambiare niente. La solita rivoluzione all’italiana.

    1. Francesco Lomonaco FL

      Gli Italiani sono pronti a fare la loro parte, ma è veramente difficile immaginare che il MALATO (Italia) possa essere curato da chi fino a qualche mese fa lo stava ASSASSINANDO.

      Impariamo a dire di SI. Ma teniamo fortemente saldi i NO. Dedico una Canzone nata dal WEB e che vive nel Web

       

      NO! Not in my name (nel mio nome No No No) TemplateSong

       

       

      Mai  sarà ceduta la sovranità nazionale Not in my name verrà smantellato lo Stato Sociale Not in my name i partiti che hanno distrutto l’Italia si ricicleranno salvatori della Patria mai più I parlamentari si faranno da loro pensioni d’oro

      Rit.: NO… Not in my name Not in my name Non lo puoi più fare nel mio nome No No No!

      Mai i giornalisti che hanno fatto della menzogna un’arte che salva dalla fogna o, manda alla gogna mai più avrànno un centesimo pubblico… un giornale va in stampa se ha un pubblico mai più  finanziamenti all’editoria-partitocrazia

      Rit.: NO… Not in my name

      Not in my name rimarremo nell’euro zonale senza una vera consultazione popolare Not in my name rimarranno senza più  difese  i valori delle piccole e medie medie imprese non lucrerà sui beni dello Stato il parentato 

      Rit.: NO… Not in my name
      mai più si faranno Grandi Opere futili indebitando la gente con tasse inutili mai più chi ha fatto politica per mestiere mai più rimarrà seduto, incollato sul forziere non si salverà chi manda a puttana la vita italiana

      Rit.: NO… Not in my name
      Not in my namela grande distribuzione globale mai più ucciderà il commercio locale mai più il petrolio ammazzerà ancora di tumore non si farà mai più un’altro inceneritore nè ora nè mai nelle altrui terre mai più alle guerre 

      Rit.: NO… Not in my name

      Not in my name nessun rifugiato politico sarà  mutilato, ridotto a paralitico Not in my name mercenari e alti funzionari mai più percepiranno stipendi miliardari mai più il falso in bilancio  sarà permesso senza processo

       Rit.: NO… Not in my name

      mai più l’Italia non avrà una legge anticorruzione Not in my name il conflitto di interessi sarà evasione Not in my name sarà più eletto alla presidenza chi non sa nulla della gente ne della sofferenza voglio una legge  elettorale popolare

       Rit.: NO… Not in my name

      mai più  esisterà ne ora ne mai Equitalia basta cemento in questa nostra  bella Italia mai più la RAI sarà ostaggio dei partiti partiti defunti, partiti spariti, partiti  finiti svenduta per programmi da comprare e impacchettare

      Rit.: NO… Not in my name

      Mai nessuna finanza sostituirà la politica malata mai più la prima casa sarà ancora ipotecata Not in my name tu lo prenderai di dietromai nessuno sarà più lasciato indietro

      Not in my name, Not in my name, Not in my name, ________________________________________

      Parole e musica di Francesco Lomonaco

      Liberamente adattatada su note di indignati nel web

       


  4. Cristoforo Magistro

    Il cesarismo

     

    Si può dire che il cesarismo esprime una situazione in cui le forze in lotta si equilibrano in modo catastrofico, cioè si equilibrano in modo che la continuazione della lotta non può concludersi che con la distruzione reciproca. Quando la forza progressiva A lotta con la forza regressiva B, può avvenire non solo che A vinca B o B vinca A, può avvenire anche che non vinca né A né B, ma si svenino reciprocamente e una terza forza C intervenga dall’esterno assoggettando ciò che resta di A e di B. Nell’Italia dopo la morte del Magnifico è appunto successo questo, com’era successo nel mondo antico con le invasioni barbariche. Ma il cesarismo, se esprime sempre la soluzione “arbitrale”, affidata a una grande personalità, di una situazione storico-politica caratterizzata da un equilibrio di forze a prospettiva catastrofica, non ha sempre lo stesso significato storico.

    Ci può essere un cesarismo progressivo e uno regressivo e il significato esatto di ogni forma di cesarismo, in ultima analisi, può essere ricostruito dalla storia concreta e non da uno schema sociologico. È progressivo il cesarismo, quando il suo intervento aiuta la forza progressiva a trionfare sia pure con certi compromessi e temperamenti limitativi della vittoria; è regressivo quando il suo intervento aiuta a trionfare la forza regressiva, anche in questo caso con certi compromessi e limitazioni, che però hanno un valore, una portata e un significato diversi che non nel caso precedente. Cesare e Napoleone I sono esempi di cesarismo progressivo. Napoleone III e Bismarck di cesarismo regressivo. Si tratta di vedere se nella dialettica rivoluzione-restaurazione è l’elemento rivoluzione o quello restaurazione che prevale, poiché è certo che nel movimento storico non si torna mai indietro e non esistono restaurazioni in toto.

    Del resto il cesarismo è una formula polemico-ideologica e non un canone di interpretazione storica. Si può avere soluzione cesarista anche senza un Cesare, senza una grande personalità “eroica e rappresentativa”. Il sistema parlamentare ha dato anch’esso un meccanismo per tali soluzioni di compromesso. […]

    Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, Einaudi, Torino, 1975, vol. III, (p.1619-1622)

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