Montescaglioso&Ferrandina: Operazione Migranti

Si è creata una Associazione di comuni per I’accoglienza diffusa nel territorio provinciale” dei richiedenti protezione intemazionale.

Uno pensa subito: – “Che Bello”.

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Guardiamo le carte:

“L’accordo sottoscritto dalla Regione Basilicata, prefettura di

Potenza, Prefettura di Matera, ANCI Basilicata e Upl Basilicata in data 291912015 con il quale, al fine di stabilire la sostenibilità

dell’Accoglienza in Basilicata si concordano le seguenti

dimensioni:

. fino a 5.000 abitanti accoglienza massima 20 posti;

 o fino a 10.000 abitanti accoglienza massima 30 posti;

oltre 15.000 abitanti accoglienza massima 100 posti.

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Quindi una alleanza strategica.

Due Comuni si alleano e fanno un accordo per poter intercettare n. 100 RICHIEDENTI ASILO POLITICO. (Montescaglioso e Ferrandina in riferimento ai loro abitanti avrebbero diritto a un numero esiguo di persone… ma insieme…)

Ma leggiamo gli Articoli della Convenzione.

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ART. 4 Strumenti del Protocollo e loro funzionamento

Per il funzionamento del presente protocollo, vengono individuati i seguenti

strumenti:

1 . L’Ente Coordinatore;

2. ll Soggetto Gestore attuale.

A tal fine vengono individuati, quale Ente coordinatore il comune di Montescaglioso,

quale Soggetto Gestore attuale la Società Cooperativa Sociale AUXILIUM

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ART. 6 lmpegni a carico dei Comuni

ll Comune di Ferrandina si impegna a:

1. Accogliere nel proprio tenitorio il numero di richiedenti protezione internazionale

stabilito dall’Accordo sottoscritto dalla Regione Basilicata, Prefettura di potenza,

Prefettura di Matera, ANCI Basilicata e upl Basilicata in data 29191201s;

2′ Predisporre specifici progetti di integrazione sociale delle persone accolte ancne

attraverso I’impiego di attività e servizi di pubblica utilità;

3. Sviluppare iniziative sinergiche con la prefettura di Matera e il soggetto Gestore

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Il giochino è molto più fine: Montescaglioso fa da ENTE Coordinatore, Ferrandina accoglie e …..

il braccio armato, Soggetto Gestore attuale la Società Cooperativa Sociale AUXILIUM.

Ecco ora Il gioco vale la candela. 

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Quanti EURO al giorno il MINISTERO dell’INTERNO verserà nelle casse dei COMUNI?!

Questo è quello che la POLITICA locale riesce a fare: il BUSSINES sui MIGRANTI (RICHIEDENTI ASILO POLITICO).

Proviamo a curiosare invece dove le cose vanno DIVERSAMENTE. 

Per es. a GENOVA

si chiama Accoglieza diffusa e a CHI OSPITA UN MIGRANTE vanno 400 Euro al Mese.

La ricetta dell’accoglienza diffusa arriva da Asti: a parlare è Alberto Mossino, coordinatore della onlus Piam, che da più di un anno, e per primo in Italia, si è inventato modi e percorsi per coinvolgere le famiglie del territorio nell’emergenza migranti. Con successo. Tanto che ora è al suo modello che si ispira la Liguria, che esperienze simili ancora non ne ha ma vuole attivarle. Per farlo, Anci e comune di Genova stanno organizzando per fine settembre una giornata di formazione per associazioni e cooperative locali (sarà probabilmente mercoledì 23 a Palazzo Tursi, ma è ancora da confermare): per stimolarle, cioè, a seguire quell’esempio e passare dall’accoglienza in grandi centri profughi, spesso complessi da gestire e “impattanti” sulla vita dei quartieri, a quella diffusa. Nelle case della gente.

Qui il Link

http://genova.repubblica.it/cronaca/2015/09/06/news/l_accoglienza_e_diffusa_a_chi_ospita_un_migrante_vanno_400_euro_al_mese-122298119/

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Qui invece la delibera dell’Accoglieza Diffusa made in AUXILIUM.

(ma chi sono questi AUXILIUM?!… il resto nella prossima puntata)

 

http://www.montescaglioso.eu/migranti_M_F.pdf


Commenti da Facebook

2 Commenti

  1. Francesco Lomonaco FL

    Succedono cose strane nelle ultime concitate Riunioni di Giunta. Ecco alcuni esempi:

    1. Si delibera il PIANO TRIENNALE dei LAVORI PUBBLICI ed è assente l’Assessore ai LAVORI PUBBLICI;

    2. Si delibera a favore della Cooperativa AUXILIUM e tutti gli  Assessori sono presenti, compreso l’Assessore alle dipendenze della stessa Coop AUXILIUM.

    In paesi normali …. amministrazioni che sbagliano adottando simili comportamenti… si presentano ai cittadini con lettere di dimissioni.

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    Conflitto di interessi

    Obbligo di astensione

     

    I responsabili del procedimento amministrativo sono tenuti a prestare attenzione alle situazioni di conflitto di interessi, in riferimento alle quali la Legge 190/2012 ha introdotto una nuova disposizione nell’ambito della Legge 241/1990 (Legge sul procedimento amministrativo).

     

    L’Art. 1, comma 41, della Legge 190/2012 ha introdotto l’Art. 6-bis nella Legge 241/1990, rubricato “Conflitto di interessi”. La disposizione stabilisce che “Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale”.

     

    La norma va letta in maniera coordinata con la disposizione inserita nel D.P.R. 16 aprile 2013, n. 62 (Codice di comportamento dei dipendenti pubblici), il cui Art. 7 prevede, infatti, che “Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza”.

     

    La segnalazione del conflitto deve essere indirizzata al dirigente, il quale, esaminate le circostanze, valuta se la situazione realizza un conflitto di interesse idoneo a ledere l’imparzialità dell’azione amministrativa.

    Il dirigente deve, quindi, rispondere per iscritto al dipendente medesimo sollevandolo dall’incarico oppure motivando espressamente le ragioni che consentono comunque l’espletamento dell’attività da parte di quel dipendente.

    Nel caso sia necessario sollevare il dipendente dall’incarico, esso dovrà essere affidato dal dirigente ad altro dipendente ovvero, in carenza di dipendenti professionalmente idonei, il dirigente dovrà avocare a sé ogni compito relativo a quel procedimento.

    Qualora il conflitto riguardi il dirigente, a valutare le iniziative da assumere sarà il Responsabile della Prevenzione della Corruzione.

     

    Con riferimento specifico all’Amministrazione di ICE-Agenzia, la norma viene segnatamente in rilievo nel caso in cui si tratti di stipulare rapporti contrattuali con soggetti esterni (perlopiù soggetti fornitori di beni e servizi per ICE-agenzia) nei confronti dei quali possa sorgere sospetto di una contiguità di interessi (privati o di altra natura) rispetto al funzionario di ICE-Agenzia chiamato a partecipare al processo decisionale di conferimento dell’incarico.

    Tale profilo viene maggiormente in evidenza nel caso di funzionari che prestino servizio all’estero, i quali sono tenuti, in modo più stringente, al dovere di non commettere atti pregiudizievoli all’immagine del nostro Paese.

     

    La violazione sostanziale della norma dà luogo a responsabilità disciplinare del dipendente, oltre a poter costituire fonte di illegittimità del procedimento amministrativo e del provvedimento conclusivo dello stesso.

    Inconferibilità ed Incompatibilità

    di incarichi

    Al fine di garantire l’imparzialità ed il buon andamento dell’azione amministrativa (Art. 97 Cost.), il rapporto di lavoro pubblico presuppone il dovere di esclusività della prestazione lavorativa del pubblico dipendente (Art. 98 Cost.).

    L’impegno professionale del dipendente delle PP.AA. deve essere teso al perseguimento del pubblico interesse assegnato dalla legge alla propria amministrazione.

    Il principio di esclusività si concretizza per il dipendente pubblico nell’obbligo di dedicare interamente la propria attività lavorativa all’amministrazione di appartenenza o, comunque, a quella presso la quale è in servizio.

    Tuttavia, la disciplina delle incompatibilità nel pubblico impiego va correttamente contemperata con il principio di ragionevolezza, espresso dall’Art. 3 della Costituzione, che consente di individuare le ipotesi in cui lo svolgimento di attività concomitanti da parte di pubblici dipendenti è lecito perché sostanzialmente inidoneo ad arrecare pregiudizio agli interessi tutelati dalle norme di divieto.

     

    Pertanto, sebbene la regola sia quella dell’esclusività della prestazione lavorativa resa dal pubblico dipendente all’amministrazione di appartenenza, possono esserci eccezioni ad essa che consentano allo stesso, senza pregiudizi per il corretto perseguimento degli interessi pubblici, di svolgere incarichi extra-istituzionali che possono, altresì, rappresentare occasioni di arricchimento professionale per il dipendente.

     

    Ciò premesso, il D.Lgs. 8 aprile 2013 n. 39, recante “Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190”, ha disciplinato:

    –       delle particolari ipotesi di inconferibilità di incarichi dirigenziali o assimilati in relazione all’attività svolta precedentemente dall’interessato:

    –       delle situazioni di incompatibilità specifiche per i titolari di incarichi dirigenziali e assimilati;

    –        delle ipotesi di inconferibilità di incarichi dirigenziali e assimilati per i soggetti che siano stati destinatari di sentenze di condanna per delitti contro la pubblica amministrazione. 

     

    Il complesso intervento normativo ha come obiettivo la prevenzione della corruzione. La legge, infatti, ha valutato ex ante (ed in via generale) che lo svolgimento di certe attività/funzioni può agevolare la precostituzione di situazioni favorevoli per essere successivamente destinatari di incarichi dirigenziali e assimilati e, quindi, comportare il rischio di un accordo di natura corruttiva per il conseguimento di un vantaggio in maniera illecita. Il contemporaneo svolgimento di alcune attività, invece, molto spesso inquina l’azione imparziale della P.A., costituendo un humus favorevole ad illeciti scambi di favori, mentre, nel caso di condanna penale, anche se non definitiva, la pericolosità del soggetto consiglia, in via precauzionale, di evitare l’affidamento di incarichi dirigenziali.

     

    In particolare, i Capi III e IV del D.Lgs. 8 aprile 2013 n. 39 disciplinano le ipotesi di inconferibilità degli incarichi ivi contemplati in riferimento, rispettivamente, a due diverse situazioni:

     

    –       Inconferibilità di incarichi a soggetti provenienti da enti di diritto privato regolati o finanziati dalle pubbliche amministrazioni;

    –        Inconferibilità di incarichi a componenti di organi di indirizzo politico.

     

    L’Art. 17 del suddetto D.Lgs. dispone che “Gli atti di conferimento di incarichi adottati in violazione

    delle disposizioni del presente decreto e i relativi contratti sono nulli”.

    A carico dei componenti degli organi che abbiano conferito incarichi dichiarati nulli sono applicate le specifiche sanzioni previste dal successivo Art. 18.

     

    La situazione di inconferibilità non può essere sanata. Nel caso in cui le cause di inconferibilità, sebbene esistenti ab origine, non fossero note all’Amministrazione e si appalesassero nel corso del rapporto, il Responsabile della Prevenzione della Corruzione effettua la contestazione all’interessato, il quale, previo contraddittorio, deve essere rimosso dall’incarico.

     

    Per incompatibilità, invece, ai sensi dell’Art. 1, comma 2, lett. h, del D.Lgs. 39/2013, si intende “l’obbligo per il soggetto cui viene conferito l’incarico di scegliere, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di quindici giorni, tra la permanenza nell’incarico e l’assunzione e lo svolgimento di incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l’incarico, lo svolgimento di attivita’ professionali ovvero l’assunzione della carica di componente di organi di indirizzo politico”.

    Le situazioni di incompatibilità sono disciplinate nei Capi V e VI del D.Lgs. 39/2013.

     

    A differenza che nel caso di inconferibilità, la causa dell’incompatibilità può essere rimossa mediante rinuncia dell’interessato ad uno degli incarichi che la legge ha considerato incompatibili tra di loro.

     

    Se nel corso del rapporto si riscontra una situazione di incompatibilità, il Responsabile della Prevenzione della Corruzione effettua una contestazione all’interessato e la causa deve essere rimossa entro il termine perentorio di 15 giorni; in caso contrario, la legge prevede la decadenza dall’incarico e la risoluzione del relativo contratto di lavoro subordinato o autonomo (Art. 19 del D.Lgs. 39/2013).

     

    Il successivo Art. 20 ha introdotto l’obbligo di una dichiarazione del funzionario destinatario di incarico dirigenziale sulla insussistenza delle cause di inconferibilità (da presentare all’atto del conferimento dell’incarico) ed incompatibilità (da presentare annualmente) contemplate nello stesso D.Lgs. 39/2013.

    La dichiarazione sulla insussistenza delle cause di inconferibilità è condizione per l’acquisizione dell’efficacia dell’incarico.

    L’obbligo riguarda tutti gli incarichi dirigenziali presso la Sede di Roma e Milano, inclusi gli incarichi di funzione dirigenziale nell’ambito degli Uffici di supporto e/o diretta collaborazione, nonché gli incarichi di direzione degli Uffici all’estero.

    Il comma 3 del citato Art. 20 prevede, inoltre, che tali dichiarazioni siano pubblicate sul sito web istituzionale dell’amministrazione che ha conferito l’incarico.

     

    Per quanto riguarda l’insussistenza delle cause di inconferibilità, è cura del Coordinamento Amministrazione, Organizzazione e Risorse Umane, a partire dagli incarichi conferiti da Ottobre 2013, acquisire le dichiarazioni degli interessati e provvedere alla pubblicazione in formato elettronico sul sito web istituzionale.

     

    Per quanto riguarda l’insussistenza delle cause di incompatibilità, è cura del Coordinamento Amministrazione, Organizzazione e Risorse Umane, entro il mese di Gennaio di ogni anno, acquisire le dichiarazioni firmate inerenti tutti gli incarichi dirigenziali, compresi quelli degli Uffici all’estero, e provvedere alla pubblicazione in formato elettronico sul sito web istituzionale.

     

    Per quanto concerne il conferimento degli incarichi extra-istituzionali e l’individuazione di quelli vietati, saranno predisposte specifiche linee guida. 

  2. Francesco Lomonaco FL

    Una delegazione della campagna “Lasciatecientare” (di cui fa parte anche l’Osservatorio migranti Basilicata), formata da  Yasmine Accardo (Lasciatecientrare), Paola Andrisani (Lunaria/Omb), Chiara Prascina (Omb) Matera è entrata nella struttura di Borgo la Martella a Matera lo scorso 21 maggio. 

    Molte le criticità rilevate, “particolarmente preoccupanti anche a fronte delle diverse situazioni di vulnerabilità riscontrate, tra cui la presenza di “due donne sole insieme a oltre 100 uomini”, e di un palese “giro di prostituzione”. Di seguito il report redatto dalla delegazione. 

    Sabato 21 maggio 2016. Mattina. La strada che conduce al Cas si chiama via Enzo Ferrari, circondata da capannoni della Zona PAIP e in aperta campagna. Alla fine della stradina, un distributore di benzina sulla SP6. Qui il Fast Motel, dove spicca una gigantografia del logo “Auxilium”. Una vera e propria cattedrale nel deserto, dove è impossibile una qualsiasi forma di inclusione sociale, in spregio a quanto scritto negli stessi bandi prefettizi che sottolineano il “non inserire centri di accoglienza in zone periferiche con difficoltà socio-ambientali (…) e favorire processi di inclusione sociale”. Il centro abitato dista circa 4 km. Quegli stessi chilometri che i migranti fanno talvolta a piedi o in bici. “Le bici le abbiamo acquistate noi con il lavoro o ce le hanno regalate”- così ci dice B. quando chiediamo se sia stata Auxilium a fornirgliene. Un anno fa (fine agosto 2015), sulla SP6 veniva accidentalmente investito un ragazzo nigeriano del centro ed entrava in coma. Uscito dall’ospedale, veniva trasferito in un altro centro. Ma di lui non si hanno più notizie. Il ragazzo percorreva, come ogni giorno, in bici quella stessa strada, che all’imbrunire diventa buia e pericolosa. Troppi sono gli accessi poderali o ai capannoni dai quali sbucano vetture in velocità. Inoltre, proprio a seguito di questa vicenda, i ragazzi del centro avevano messo in atto una protesta, con tanto di marcia a piedi sino dinnanzi alla Questura, per avanzare delle richieste ben precise. Richieste che, ad oggi, non sono state accolte, e quella protesta è caduta nel dimenticatoio, volutamente messa a tacere perché scomoda. Molteplici furono le polemiche e gli insulti razzisti sui vari gruppi social a livello locale, poiché la cittadinanza mal tollerava anche la sola remota possibilità che dei migranti potessero avere dei diritti da rivendicare.

    “Cibo di discutibile qualità”. La palazzina ha un ampio pian terreno dove è situato un bar (aperto al pubblico), e dove i ragazzi entrano a comprare le sigarette con i soldi del pocket money, che gli viene somministrato cash; altrimenti nel bar non entrano, o meglio non possono entrare (cosi ci racconta A., che si trova lì da oltre un anno, ed aspetta il risultato del ricorso avverso alla decisione negativa della Commissione territoriale di Bari). Le loro stanze, invece si trovano al primo piano. Il pasto lo consumano quasi sempre nelle stanze, dopo la distribuzione ad opera della ditta che ha l’appalto di fornitura. Ricevono, due volte al giorno, cibo confezionato e prodotto dalla holding Ladisa. Si tratta di un’azienda di Bari che rifornisce centinaia di mense tra scuole, uffici di polizia, ferrovie e Rai, in tutt’Italia. Essa è ben nota, tanto nel materano quanto nel barese, soprattutto alle mamme di bambini di asilo e scuole elementari, che hanno più volte denunciato cibo avariato, presenza di vermi, frutta non fresca. Su questo punto, ci sarebbe molto da approfondire. Anche al Fast Motel la ditta Ladisa non gode di particolare stima. “Il pollo puzza e spesso la roba è talmente schifosa che nemmeno il cane che vive qui vicino se la mangia. Andiamo noi a comprare il riso e quel che riusciamo con i soldi del pocket money a Matera”. A. ci mostra delle foto – “Qui la puzza non si sente. Tu questo lo mangeresti?”. Ci mostra una foto di un contenitore in alluminio al cui interno “giace” una poltiglia biancastra che potrebbe essere o era semolino. Questa situazione comporta che molti dei ragazzi si sono procurati dei piccoli fornelletti e cucinano in camera. Oltre a non essere igienico, è anche molto pericoloso. Ma il tutto viene avallato in silenzio dalla cooperativa che gestisce il centro.

    “Il lavoro nelle campagne a 15 euro a giornata”. Nel centro, di sabato mattina, non ci sono operatori o mediatori presenti, ma solo qualche addetto alle pulizie. Non vengono svolte attività ricreative e formative. Eccezione fatta per un corso di italiano, due volte a settimana, con due insegnanti. Tuttavia, non è stato previsto un corso di alfabetizzazione: molti degli ospiti non sanno né leggere né scrivere, e per tale ragione vengono automaticamente esclusi dalla frequenza al corso di italiano. Molti ragazzi “sono andati a lavorare … fra un po’ tornano”, ci dicono i pochi presenti. Il lavoro è soprattutto nelle vicine campagne, con una misera paga di circa 15 euro la giornata (che se non può configurarsi come caporalato, resta comunque grave sfruttamento lavorativo). “A parte questo non abbiamo nessun contatto con le persone. Non gli piacciamo. Boh”. “Vogliamo i nostri documenti ed andarcene”, ci dichiarano altri, che ci raggiungono pian piano. “Da quando sono qua ho avuto vestiti solo la prima volta e basta”. “Per andare in città andiamo a piedi, non ci danno i biglietti per l’autobus … così. Tutti sanno che questo campò non è buono, non si mangia bene. Cuciniamo da soli con delle piastre che abbiamo acquistato. Cuciniamo anche la pasta!”. “Ci hanno dato solo un paio di lenzuola! Anche le scarpe, una sola volta“.

    “Condizioni igieniche discutibili”. Le stanze sono piccole, ma a composizione variabile all’interno, da quattro a otto anche nove persone (su un vecchio sito che riporta i dati dell’hotel quando era funzionante vengono menzionati 45 letti e 18 stanze … i conti fateli da soli). Non ci sono armadi e le lenzuola non vengono fornite. Non c’è una lavatrice e tutto viene lavato a mano. Tutto quello che hanno nelle camere o se lo sono procurato o l’hanno acquistato. Nel centro, sono presenti cittadini nigeriani, gambiani, maliani e senegalesi. Circa 125 persone (un numero anche destinato a crescere visto che pare stiano tentando di inserire almeno altri 12 ragazzi in questi giorni).

    “Giro di prostituzione palese”. Tra loro anche due donne nigeriane. Ne riusciamo ad incontrare solo una, giovanissima. “Si. Io sto bene. Non voglio essere trasferita lontano da qui. Ho un permesso per protezione sussidiaria. Se mi trasferiscono va bene ma basta che io possa restare a Matera o massimo a Bari”. Non è la prima volta che ci troviamo di fronte a queste assurdità. Due donne in un campo di soli uomini (diciamo che a Matera è una prassi assai diffusa, purtroppo). In una zona dove facilissimo è l’inserimento nel giro di prostituzione. La ragazza che abbiamo incontrato è già palesemente dentro il giro (e la cosa ci viene confermata anche dai ragazzi del centro, che dichiarano che è una cosa che “tutti sanno”). Nota grave: la Commissione territoriale di Bari aveva segnalato ad un’associazione locale che si occupa di vittime di tratta la presenza nel centro di queste due donne, al fine di poterle seguire in un percorso di recupero. La cooperativa Auxilium, sebbene sollecitata più volte da questa associazione, non ha mai dato seguito a queste richieste, abbandonando a se stesse la due donne. Oltretutto, entrambe hanno già da almeno due mesi ottenuto dalla stessa Commissione la forma gradata di protezione umanitaria, e avrebbero dovuto spostarle immediatamente in una struttura di seconda accoglienza. E invece sono ancora lì (a questo proposito abbiamo inviato una segnalazione alla Prefettura di Matera, chiedendo l’immediato trasferimento delle due donne in una struttura adeguata). Nonostante, quindi, vi siano un piano nazionale anti-tratta ed organizzazioni che se ne occupano, in troppi centri di accoglienza non viene concesso l’accesso agli specialisti per seguire queste donne. Dopo il viaggio, la tratta e violenze di ogni genere, il loro inferno continua imperturbato e con il consenso silenzioso dei gestori dei centri, che nulla fanno per fare in modo che queste donne accedano al diritto di avere un’altra possibilità. E qui c’è direttamente la superstrada ed il benzinaio. Quale posto migliore per entrare nel giro? Ma non basta. Alcuni ragazzi ci riferiscono anche che ci sono delle donne italiane (anche di una certa età) che si recano nei pressi del centro e “recuperano” alcuni degli ospiti per portarli a casa loro. Anche in questo centro l’informativa legale e l’accompagnamento alla Commissione territoriale non c’è stato. Eppure i motivi degli innumerevoli dinieghi delle commissioni sono anche dovuti alla scarsa, se non nulla, attenzione alla preparazione delle storie e di tutti i certificati che possano aiutare a dimostrare la necessità di asilo. Anche in quest’hotel la percentuale dei negativi è del 95%.

    “Le grandi pulizie per l’arrivo del vescovo”. Agli inizi di aprile, in concomitanza con l’insediamento del nuovo Vescovo di Matera, il centro è stato visitato da quest’ultimo. I ragazzi ci hanno riferito che ben tre giorni prima della visita, la cooperativa Auxilium ha cominciato a provvedere a “grandi pulizie” e al riordino degli spazi, cercando di mascherare alla meno peggio l’evidenza di una situazione tutt’altro che normale. Eppure al Vescovo è stato presentato, come sempre accade, un Fast Motel “di facciata”. In definitiva, un luogo “perfetto” (!) per entrare nello sfruttamento lavorativo e nella prostituzione o per essere facilmente dimenticati da chi dovrebbe monitorare e controllare che si facciano attività di formazione lavoro o ricreative. Il tutto in barba alla tanto acclamata inclusione sociale. Che altro dire? Complimenti!  

    Ven, 27/05/2016 – 09:48
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