Il mio paese

Il mio paese

 

Dal mio paese si vede il mare.  Nelle giornate terse le grandi navi che salpano dal porto di Taranto ti portano via per rotte lontane e misteriose. Da grande avrei dovuto fare il marinaio.

Dal mio paese si vedono le montagne del Pollino.  Nelle giornate d’inverno le vette innevate ti raccontano di quiete e di silenzi sconosciuti.

Dal mio paese si vede la valle del Bradano e il lago di S. Giuliano, le colline e le montagne del Materano. In primavera il verde abbagliante del grano rinfresca lo sguardo e ti invita a respirare. Rossi papaveri, viole, gialle ginestre e margherite, peschi e mandorli in fiore ti raccontano del paradiso che fu.

Dal mio paese si vede Matera, la città dei famosi “Sassi”. Ieri “vergogna d’Italia”, oggi patrimonio mondiale UNESCO, domani Capitale Europea della Cultura. Come cambiano i tempi.

Nel mio paese si mangia bene. Frutta e verdura in ogni stagione, legumi, grano per la farina, forni e fornai per il pane. L’olio si ricava solo dalle olive e il vino solo dall’uva. Niente inutili complicazioni. Nessuna alchimia. Semplice è buono e fa bene.

Nel mio paese non fa mai veramente freddo, non nevica quasi mai, non ci sono alluvioni, ma ci sono le frane, quelle sì, a perenne ricordo dell’umana idiozia. Si celebra il Natale a Natale, la Pasqua a Pasqua e le feste dei Santi Patroni, S. Rocco e S. Maria Assunta, quattro giorni dopo la loro ricorrenza da calendario. Mah!

Dal mio paese hanno rubato enormi ricchezze archeologiche. Sono disseminate ovunque nel mondo. In musei più o meno ufficiali, nelle ville dei collezionisti (nei tribunali li chiamano ricettatori) sui mobili di “mastri”, ingegneri e furbetti di ogni genere. Ovunque, tranne dove dovrebbero essere, in un auspicabile museo cittadino.

Dal mio paese hanno addirittura rubato il mare. Dai tempi della colonizzazione Greca fino agli inizi degli anni sessanta il territorio del mio paese comprendeva un tratto di costa jonica, Metaponto, l’antica città della Magna Grecia dove Pitagora aveva l’arduo compito di istruire un popolo alla logica e alla matematica. Dai primi anni sessanta (nessuno ha mai capito perché) Metaponto rientra nel territorio di un altro paese limitrofo. Negli anni passati nessuna delle amministrazioni che si sono via via succedute ha mai cercato di capire i motivi di tale scippo. Mi piacerebbe sottoporre la questione a qualche famoso reporter televisivo perché si faccia chiarezza sulla questione della quale, peraltro, sembra non interessi più niente a nessuno.

Il mio paese è bello e antico. Una storia lunga oltre duemila anni, preesistente agli insediamenti greci del metapontino dei quali ne fece parte con dignità fino all’arrivo dei Romani.  Un bel centro storico, semi abbandonato, numerose chiese antiche, una splendida Chiesa Madre e una incredibile abbazia che ha più di mille anni e 365 (come i giorni di un anno) ambienti, ma che da oltre cinquanta anni è in restauro. Insieme alla Salerno – Reggio Calabria è il più longevo cantiere d’Italia, forse d’Europa; c’è da chiedersi se qualcuno ne prova vergogna.

Nel mio paese siamo maleducati, irrispettosi delle regole di convivenza civile, indolenti, usiamo l’auto anche per andare nel sottoscala di casa e la parcheggiamo ovunque, intasiamo il centro storico, ci fermiamo a parlare da un’auto all’altra bloccando il traffico, ma questo non infastidisce (quasi) nessuno perché nel mio paese siamo tolleranti.

Nel mio paese facciamo la raccolta differenziata dei rifiuti, ma qualche nostalgico della spazzatura nelle cunette rivendica ancora il proprio diritto al libero arbitrio ecologico, sicché non è raro trovare spazzatura sui bordi delle strade periferiche o nei “valloni”. In qualche caso abbiamo anche una interpretazione tutta locale della raccolta differenziata, infatti ci sono famiglie che il lunedì buttano tutto nel sacchetto grigio, il martedì buttano tutto nel sacchetto biodegradabile, il mercoledì buttano tutto nel sacchetto bianco e così via fino alla fine della settimana. Per loro la differenziazione sta nel colore del sacchetto, non nel suo contenuto.

Nel mio paese siamo ospitali. Circa il dieci percento della popolazione è di origine extracomunitaria: marocchini, albanesi, ucraini e soprattutto rumeni che oggi non sono più extracomunitari, ma nessuno se n’è accorto.  Non si sono verificati episodi di intolleranza né episodi di criminalità che hanno avuto per protagonisti i nostri ospiti. La convivenza mi sembra più che pacifica e civile.

Nel mio paese non siamo delinquenti, in linea di massima.

Nel mio paese siamo tutto sommato brava gente. Ci commuoviamo per le tragedie nel mondo, mandiamo in giro dei volontari che sono tali senza che altri lo sappiano, acquistiamo piante, fiori e uova pasquali per beneficenza. Facciamo la fila alle poste o in banca per pagare il canone RAI e le tasse, tutti se ne lamentano (della fila e delle tasse), ma poi alla fine tutti pagano.

Nel mio paese non abbiamo personaggi famosi né cantanti o attori, calciatori, veline o tronisti. Al presente abbiamo un senatore della Repubblica e vice ministro, nient’altro. Si dice anche che abbiamo il più alto rapporto regionale tra laureati e popolazione residente, ma nessuno se ne accorge perché questi laureati vivono e lavorano nelle regioni del Nord o, addirittura, all’estero.

Il mio paese è uno dei tanti paesi che costituiscono il miracolo Italiano e che, nonostante tutto, il mondo ci invidia.


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