U piatt d’ l’alma muort (il piatto delle anime dei morti)

“Ogni anno il due novembre c’è l’usanza per i defunti d’andare al cimitero; ognuno l’adda fa chista crianza, ognuno adda t’né chistu penziero”.  Cosi recitava il grande Totò nella “ A Livella”, per ricordare che è importante per la nostra vita tenere il ricordo dei nostri cari, e che il mondo dell’aldilà in fondo azzera tutto ciò che ha rappresentato in vita e mette gli uomini sullo stesso livello, senza distinzioni di caste sociali, razze, sesso e via dicendo.  Nella tradizione culturale di tutti i paesi del mondo, il culto dei morti fa parte e con rituali diversi, di momenti importanti della nostra esistenza. Anche nei nostri paesi della Lucania tale culto è molto diffuso e spesso si differenzia da un paese all’altro.

A Montescaglioso, vuole la leggenda, che la notte tra il primo e il due novembre, ci fosse il risveglio dei defunti e che in processione essi si dirigevano dal cimitero verso la chiesa di San Rocco e viceversa.

Una processione non di uomini in carne ed ossa, ma di piccole figure dal volto scavato e dalla schiena vuota che con una grossa candela in mano procedevano lentamente nel loro cammino recitando il rosario.

Raccontava mia nonna mettendomi in guardia, che ai viventi  era tassativamente proibito assistere a tale processione, pena la morte immediata; quella era la loro notte, la notte delle anime dei morti (alma muort) e che per nessuna ragione al mondo dovevano essere disturbati.

Il rispetto per i morti doveva essere manifestato non solo con la dovuta visita alle tombe dei defunti, ma anche attraverso un atto concreto che consisteva nel portare in dono ad una famiglia in condizioni economiche disagiate un piatto di minestra appositamente cucinato e che era il tributo per i propri cari defunti. Il dono della minestra, non era una esclusiva del 2 novembre, ma lo si doveva fare ogni qualvolta un proprio caro defunto veniva in sogno ed espressamente esprimeva il desiderio di un qualcosa da mangiare.

Tonino Ditaranto


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