Gomorra. Viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della camorra. R. Saviano, Mondadori, 2006

[img_assist|nid=1376|title=Gomorra|desc=|link=none|align=left|width=72|height=100]Gomorra non è una lettura serale, di quelle che conciliano il sonno, dopo una giornata di lavoro. Non si può riporre il volume sul comodino, di fianco al letto e, sonnecchiando, spegnere la luce per assopirsi beatamente in attesa che sia giorno. Una volta spenta la luce, ci si ritrova, inevitabilmente, occhi sbarrati, a fissare il buio e pensare. Pensare a quel container che dondola sospeso sul porto di Napoli, da cui piovono, come manichini, decine di corpi: i cinesi che “non muoiono mai”, come li definisce Saviano, rispediti in Cina per avere una degna sepoltura e lasciare la propria identità ai “nuovi” cinesi in Italia. Pensare al corpo seviziato, torturato e bruciato di Mina Verde, una ragazza di 22 anni, uccisa con un colpo alla testa, perchè “colpevole” di aver frequentato per qualche mese, ignara, un affiliato alla camorra. Pensare al destino segnato di quelle ragazzine che seguono il feretro di Annalisa Durante, 14 anni, usata come scudo umano in un agguato, che finiranno inesorabilmente per fidanzarsi e sposare un membro di una “famiglia”, scontando la loro unica colpa di essere nate a Napoli.
La camorra, o’ Sistema, è la piaga che funesta un angolo di mondo incredibilmente bello, una popolazione incredibilmente creativa e gioviale, una terra resa incredibilmente povera da un regresso economico e politico, che ha lasciato campo libero alla propagazione delle metastasi di un devastante tumore maligno.
O’ Sistema ha creato una propria economia fondata sul traffico di droga e armi e contrabbando, una propria struttura gerachica, un proprio codice penale, un linguaggio verbale e non che designa l’appartenenza e rivendica la paternità degli atti criminali. Chi non si piega al Sistema paga con la vita. E chi si affilia al Sistema sa che finirà per perderla, la vita, o per andare in galera. L’importante è che nel lasso di tempo precedente al momento in cui ciò avverrà, il Sistema sia stato “onorato”.
Con chirurgica precisione ed amaro disincanto, Roberto Saviano ci conduce per mano in un tour guidato nei vicoletti di Forcella, nelle campagne della provincia, nell’entroterra casertano, dove non cresce un filo d’erba che non sia stato innaffiato da sangue umano. Non è un gran bel vedere, soprattutto se ogni speranza e fiducia nell’ordine costituito, nell’amministrazione locale e nell’intervento dello Stato, viene infranta sul nascere dall’impotenza, dalla collusione, da una mentalità popolare che purtroppo è forgiata su valori di onore e rispettabilità “paralleli”.
Il titolo del libro è tratto da una lettera scritta a quattro mani da don Peppino Diana, sacerdote trentaseienne ucciso dalla camorra a Casal di Principe nel ’94, e da un suo amico d’infanzia, che la legge all’autore: “Non permettiamo uomini che le nostre terre diventino luoghi di camorra, diventino un’unica grande Gomorra da distruggere!”. Il grido di protesta di Don Peppino fu sedato da cinque colpi di fucile in sacrestia.
“E così conoscere non è più traccia di impegno morale. Sapere, capire diviene una necessità. L’unica possibile per considerarsi ancora uomini degni di respirare”. (Gomorra, pag. 331). Se la strada del riscatto passasse solo per le parole, la denuncia di Saviano avrebbe reso giustizia a chi ha sempre detto no alla camorra. Ma la strada per il riscatto, purtroppo, non passa solo per le parole.


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4 Commenti

  1. benna

    Ho molto sentito parlare di questo libro e soprattutto del suo giovane autore (classe 1979!); leggevo qualche tempo fa che dopo la pubblicazione del libro Saviano ha ricevuto innumerevoli minacce proprio da parte della camorra, tanto da indurre il Ministro Amato a fornirgli una scorta, contemporaneamente all’invito di allontanarsi, “preventivamente”, da Napoli.
    Appena sentirò di poter affrontare una lettura così “pregna” lo comprerò. Grazie per il consiglio

  2. titus

    Mi complimento vivamente con Cinzia.
    Gomorra!!!!….
    in questo momento sarebbe retorico parlarne spero che si apra un dibattito, su questo libro…
    Il “Sistema” e/o Camorra visto dall’interno…..
    Ogni uomo ha un percorso di vita… e lascia una traccia per ciò che è, o per ciò che fà…
    Se pur giovane lo scrittore con questo libro, ha dato una rasoiata etica e morale a tanti che parlano solamente, ma ha quale prezzo….
    la sua libetà…
    Secondo me, potrà avere lo stesso peso che Ebbe il Libro di Puzo “il Padrino”….
    leggetelo…

  3. michela

    Cinzia, leggo ora questo tuo intervento, non so come ma l’avevo perso.
    A Napoli si è fatto un gran parlare di questo libro.. perchè finalmente si parla, finalmente c’è grande voglia di riemergere, di riprendersi il bello che quella città meravigliosa ha venduto.
    è una strada estremamente difficile e lacerante, troppo spesso a senso unico, troppe volte il vicolo si rivela un vicolo cieco… e il modo più facile per uscirne è cedere e farsi complici.
    riprendersi Napoli è un lavoro estenuante che si affronta quotidianamente non rinunciando ad essa non lasciandola al proprio destino fagocitante, ma, e lo dico con la consapevolezza del peso che ciò comporta, avendoci vissuto per cinque anni, è un lavoro a continuo rischio di sconfitta, frustrante perchè dà risultati molto deboli, lenti e facili alla lusinga dell’abbandono.
    a napoli è facile smettere di credere che le cose possano cambiare, è troppo doloroso far finta di vedere il contrario.
    bisogna essere estermamente folli e coraggiosi.
    Sì, la strada per il riscatto non passa solo per le parole.
    passa attraverso l’incentivazione all’istruzione, passa attraverso la non fuga, che è pur lecita, non sai quante volte mi sia domandata cosa ci facessi lì, perchè non avessi scelto una accomodante bologna o qualsiasi altro posto, e quante volte per strada mi sconfortava il continuo pensiero che mi balenava in testa:”questa città è senza futuro”, e quante volte il ritorno nel paesello era un sollievo di pulizia e candore…
    ma alla fine della tesi ho scritto queste parole:” un grazie a napoli, scuola di vita, nonostante tutto, piena, ricca, dal fascino controverso e sorprendente”… scusate l’egocentrismo, ma è un tema che mi tocca molto.
    grazie Cinzia per averlo inserito.
    topobiche_81

    1. Cinzia

      Michela, sono io a doverti ringraziare perchè mi sono sempre chiesta come è vivere e studiare a Napoli. All’epoca in cui mi sono iscritta all’Università, avrei tanto voluto scegliere Napoli rispetto all’anonima Bari. Ogni volta che posso, ci faccio un salto e ogni volta che ci torno, rimango ammaliata dalla sua magia. Quando ho letto Gomorra, mi si è aperta una ferita dentro, non perchè non sapessi della piaga della camorra, ma perchè, dopo quel libro, tutto di Napoli mi lasciava in bocca un retrogusto amaro. Perfino le squisite sfogliatelle della Galleria Umberto I. So che questo in qualche modo è un segno di sconfitta, ma quando sono tornata a Napoli lo scorso dicembre, qualcosa era cambiato. Non più, o meglio non solo, la rabbia per l’incuria in cui versa la città, l’immondizia che gronda dai cassonetti, il traffico indisciplinato. Un senso di inquietudine, la certezza che a Napoli non è oro quel poco ormai che riluce.
      Tu che ci hai vissuto, pensi che qualcosa possa cambiare? Io penso che ci voglia un’enorme dose di coraggio per sovvertire quello che ormai è diventato l’ordine costituito. Soprattutto se nella lotta si è soli. Ed i napoletani sono terribilmente abbandonati a se stessi. Spero che il libro di Saviano – laddove non sono riuscite le leggi, la giustizia, le forze dell’ordine – abbia fatto breccia nelle coscienze dei napoletani. Solo da loro può venire la spinta propulsiva per il cambiamento. O no?
      Un caro saluto
      Cinzia
      P.S. Ho saputo che Azione Diretta dovrebbe ospitare Roberto Saviano nel corso della Rassegna Venerdì d’Autore nel mese di marzo.

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